"I partiti tornano tra la gente per recuperare le astensioni"

Il politologo Panarari: "Le kermesse saranno un’occasione di marketing di voto. I candidati hanno capito che serve più andare nei quartieri che su un mega palco"

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di Daniele Petrone

Massimiliano Panarari, che tipo di campagna elettorale dobbiamo aspettarci?

"Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una ‘smaterializzazione’ delle campagne. Un po’ perché la cartellonistica è caduta in disuso – anche per maggiori costi – e un po’ perché ci sono tempi ristretti mancando due mesi alle elezioni. Poi, il piano social e digitale si è preso la scena".

Iniziano anche le feste di partito che da momenti più che altri ludici, si ritrovano a essere ombelico della politica.

"Sì, c’è una sorta di rentrée. Sarà un’occasione di ‘marketing’ soprattutto per quei partiti che sono accusati da tempo di essere lontani dalle persone. Inoltre, il modulo non è più quello della ‘mega-festa’, dunque ci saranno anche formule molto locali, di quartiere, come sta avvenendo a Reggio e provincia".

I toni saranno accesi e strillati come la campagna per le Regionali – con annesso caso ‘Angeli & Demoni’ – oppure spazio ai contenuti?

"Un mix. Oggi la gente chiede risposte su questioni concrete, dal caro bollette all’inflazione. Così come un ruolo importante lo avranno i giovani che si sentono inascoltati, specie post lockdown. Ma essendo temi di difficile gestione, gli scontri ci saranno anche per spostare l’attenzione. Il tema decisivo sarà l’approvviggionamento energetico sul quale Draghi aveva imboccato la via giusta. Servirà qualcuno risoluto alla stesso modo".

Deduco che fosse d’accordo con chi chiedeva la permanenza dell’ormai ex Premier...

"Sarebbe stato opportuno arrivare alla scadenza naturale della legislatura. La velocità con cui sono precipitati i tempi della caduta del Governo, ci ha portato in una sciagurata campagna elettorale in un momento delicato e di instabilità del Paese".

Di fronte agli appelli bipartisan firmati da tantissimi sindaci (i rappresentati più vicini ai cittadini), i partiti che hanno fatto cadere il Governo rischiano di partire in svantaggio o dopo anni di esecutivi tecnici, c’è così voglia di andare alle urne che ci si dimenticherà?

"Credo ci siano due tendenze. Una crescita storica dell’astensionismo che si stima con un terzo dell’elettorato. E la sensazione di un ritorno corposo al voto. Secondo me la grande sfida dei partiti è quella di recuperare gli astensionisi. Le responsabilità della caduta del Governo sono collocate tra M5s e centrodestra. Un recupero di questi è difficile. Il Pd ha una grande opportunità essendo stata la più leale a Draghi, ma le alleanze saranno fondamentali. Se i Dem facessero un patto coi 5s, sarebbe una sconfessione incomprensibile".

Dal ballottaggio Pd-Lega alle comunali 2019, fino all’ascesa nei sondaggi nazionali di Fratelli d’Italia. A Reggio che succederà?

"C’è un ‘decoupling’ tra comunali e politiche. Nelle prime si scelgono le persone, nelle seconde c’è anche una componente di rabbia o protesta. Certo l’ascesa di Fd’I, in parte della Lega – ma non come in Romagna – e in misura minore del Pd, si travaseranno pure a Reggio".

Crede a un bis di Draghi come propone anche Calenda?

"Lo trovo altamente improbabile. Aveva risposto alla necessità di un Governo di tutti. Ma dal momento che è caduto per la fibrillazione – chi più, chi meno – da parte di tutti non penso possa tornare. I leader politici sono macchine elettorali polarizzanti. Ma quando c’è da sedersi per trovare ricette pragmatiche, faticano. Se comunque non prevarrà nessuno alle elezioni, si dovrà trovare un accordo. Ma Draghi non penso torni".