LARA MARIA FERRARI
Cronaca

"Il canto delle isole remote". La musica ancestrale di Bonvicini

Il musicista-professore ha registrato con Francesco Benozzo la ’voce’ dei mari freddi, dalle Faroe alla Galizia "Ma se mi chiedete dove mi sento a casa dico il nostro Appennino, nel rumoroso silenzio dei boschi".

"Il canto delle isole remote". La musica ancestrale di Bonvicini

"Il canto delle isole remote". La musica ancestrale di Bonvicini

Si è esibito con Francesco Benozzo al teatro parrocchiale di Sesso, nel concerto ‘Canto delle isole remote’, il modenese – reggiano Fabio Bonvicini (nato a Modena nel 1966 e reggiano da una vita: insegna Lettere all’istituto Zanelli). Un piccolo live che raccoglie canti di diverse tradizioni (irlandese, gallese, bretone, gallega, faroese, mannese, Inuit), sempre in bilico tra terra e mare, tra ballate di balenieri e visioni sciamaniche, tra storie di addii e approdi temporanei in qualche porto. Al centro dell’ispirazione resta l’Appennino, dove è stato registrato live l’album da cui nasce il concerto. Laureato in Filosofia a Bologna, Bonvicini è diplomato in flauto dolce al Conservatorio della città felsinea col maestro Giorgio Pacchioni e da allora coniuga interessi letterari (insegna dal 2014) alla ricerca musicale e produzione di una ventina di cd e libri, insieme a un’intensa attività concertistica.

Fabio, dove nasce la passione per i canti d’Appennino?

"Potrei dire che nasce dalla mia infanzia, quando ci recavamo alle feste nelle case e c’erano i suonatori che animavano le danze; oppure al primo disco dei Viulàn che ascoltavo nel mio giradischi nuovo. Ma l’interesse concreto viene dai numerosi incontri della mia vita: maestri, suonatori, cantori, libri, amici, sempre alla ricerca di un’autenticità di cui ho sempre sentito un grande bisogno".

I suoi strumenti?

"Il primo è l’organetto diatonico che ho studiato alla Scuola di musica popolare di Forlimpopoli. Poi il flauto dolce, fino all’ocarina, ai pifferi e alla piva emiliana, di cui – con altri – sto realizzando un libro-cd di prossima uscita".

Come è nato questo album, in cui mescolate ricerche etnomusicologiche a tradizioni native, sciamanesimo?

"La collaborazione con Benozzo è iniziata vent’anni fa e con lui abbiamo lavorato a diversi progetti. Nel corso di tutte queste opere, abbiamo speso molto tempo in chiacchiere, sogni e racconti. Uno di questi riguardava le isole remote che affascinano entrambi. Via via, abbiamo aggiunto dei tasselli al nostro progetto di cui abbiamo parlato per la prima volta una decina di anni fa nel corso di una tournée in Canada. I brani vengono dalla nostra storia, dai viaggi e dalle persone che abbiamo incontrato e dalle vaste ricerche di Francesco nelle lingue antiche".

In quali luoghi avete registrato il cd?

"Nei giorni del solstizio d’estate sulle rive del Lago Baccio e del Lago Santo, sopra Pievepelago. Giornate meravigliose con una luce stupenda, in compagnia di Davide Cristiani che ha registrato e mixato il cd e Francesco Zeno Boni che ha realizzato foto e video".

Avete portato l’album alle isole Far Oer. Che esperienza è stata?

"Io e Francesco abbiamo la fortuna di essere stati diverse volte alle Far Oer e di avere cari amici in quelle isole, fra cui Kristian Blak che, oltre a essere un eccelso musicista, è anche il fondatore della casa discografica Tutl che ha stampato il cd. Le isole che si trovano fra Scozia e Islanda sono ormai una seconda casa, ma era la prima volta che ci andavamo nella stagione fredda".

Quali sono i territori che avete fatto incontrare?

"L’area è quella dell’Atlantico del nord, dalle Faroe alla Groenlandia, alla Galizia spagnola e isole britanniche. Sullo sfondo resta però l’Appennino con le sue isole montuose, col suo mare preistorico. Mentre registravamo ci siamo ritrovati in un paesaggio inverso a quello nordico, ma altrettanto potente: l’isola del Lago Baccio in un mare di montagne fra crinali e contrafforti".

Che cosa ha imparato dell’essere umano e della sua continua tensione a migrare?

"Che il viaggio è una necessità del genere umano, che noi nasciamo e ci nutriamo nel viaggio".

Voi che cantate di viaggi lontanissimi, dove vi sentite a casa?

"Risposta facile: nel nostro Appennino, nel silenzio rumoroso del bosco. Uccelli, insetti, vento e acqua suonano con noi all’interno dei nove brani che compongono il cd".