In aula le ultime suppliche di Cecilia "L’amore non c’è più, non voglio"

Femminicidio di via Patti, la 34enne peruviana Hazana strangolata e accoltellata. Registrata anche l’aggressione

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di Alessandra Codeluppi

La fine violenta della vita di Juana Cecilia Hazana Loayza in presa diretta. Tutta la brutalità, tutto il dolore dei suoi ultimi minuti sono rivissuti, quasi un anno dopo. Un passaggio crudo, ma necessario, secondo il pm Maria Rita Pantani, per fare piena luce sul femminicidio. Parte dei 53 minuti di audio, registrati col cellulare dall’omicida, il suo ex fidanzato Mirko Genco, sono stati riproposti ieri mattina in tribunale, durante il processo a carico del 26enne reo confesso e imputato per omicidio volontario pluriaggravato e violenza sessuale (più altri reati). Nella notte del 20 novembre 2021, lui, già in passato responsabile di stalking verso la 34enne peruviana, la accompagna a casa dopo che era uscita da un locale in centro dov’era stata in compagnia di amici: il selfie scattato insieme a loro aveva fatto infuriare Genco. I carabinieri citati dal pm Maria Rita Pantani si sono susseguiti davanti alla Corte d’Assise (presieduta dal giudice Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e i membri popolari) nel ricostruire la serata e mesi precedenti. Tocca al maresciallo capo Giuseppe Milano il gravoso compito di illustrare i momenti più pesanti. Si alternano le immagini delle telecamere che li riprendono passeggiare lungo via Emilia San Pietro, con lei che sembra cercare di allontanarlo e poi lui che tenta di baciarla, "in modo non condiviso" secondo l’investigatore. E poi tocca alla registrazione di Genco, che inizia alle 2.11 e si conclude nel parco vicino alla casa di Juana in via Patti, dove lei morì. Si immortala una conversazione in cui lei si oppone a essere accompagnata a casa da lui. Lei ha bevuto, ma dice no a rimettersi con Mirko, che glielo chiede: "Non posso ricostruire daccapo con una persona violenta". Nell’aula cala il gelo, quando va in onda il tentato strangolamento, a più riprese: si sente tutta la sofferenza di Juana Cecilia, che soffoca e perde il respiro. La registrazione immortala una richiesta sessuale fatta da Genco a cui lei dice: "Sì". E qui le interpretazioni divergono. Per l’avvocato difensore Alessandra Bonini, è una dimostrazione di consenso. Il pm Pantani si oppone, perché sostiene sia stato uno stupro: "Un conto è dire sì, altro è quello che si sente".

Anche quel momento intimo viene riproposto in audio. Il maresciallo ripercorre anche quanto accaduto dopo il tentato strangolamento: alle 3.17 e alle 3.20 due telefonate di Genco al taxi che non arriva. Ma anche al nonno di Parma, che non risponde. Poi la brutalità arriva alle estreme conseguenze: lui torna indietro, entra alle 3.46 in casa di Juana - è ripreso dalle telecamere - mentre sua madre e il suo figlioletto dormono, prende un coltello da cucina, esce e la finisce. Alle 4.21 viene filmato mentre si lava le mani nel parco. Si ripercorrono anche altri aspetti: "In alcuni messaggi lui aveva ammesso altre aggressioni fisiche verso Juana Cecilia". Ma anche le discussioni per questioni di soldi. Inviti di lei a Genco perché si facesse aiutare da uno psichiatra. In tutto 16.680 messaggi che le parti hanno analizzato. Da alcune acquisizioni investigative risulta che lui avesse preferenze sessuali legate al soffocamento. Emerge anche la passione che, nonostante lo stalking, riportava Juana da Genco anche quando lui era ai domiciliari a fine settembre. Una danza alterna che poi si è conclusa nel modo più brutale.