Irccs, destino in bilico: si punta all’eccellenza Il governo: "Non troppi nella stessa regione"

Un nuovo disegno di legge rivede i criteri per confermare gli Istituti: il nostro primo concorrente potrebbe essere l’Irst di Meldola

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di Giulia

Beneventi

C’è un’ombra che si staglia sul futuro dell’Irccs di Reggio. Non sono ancora netti i confini, né tantomeno la sua entità, ma c’è. A darle vita è il disegno di legge presentato il 18 febbraio scorso alla Camera dei Deputati dal ministro della salute Roberto Speranza e il ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Stella Gelmini, sulla scia delle "azioni di riforma previste dal Pnrr". Un testo che impegna il Governo a riorganizzare il sistema regionale degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs); scopo ultimo di questo intervento, in breve, è quello di rendere il suddetto sistema più snello ed efficiente. Come? Rivedendo i criteri che determinano la qualità di prestazione degli Istituti stessi. Che la competizione abbia inizio, dunque....sull’avversario dell’Irccs nostrano già qualche ipotesi si può azzardare, buttando l’occhio al concorrente romagnolo di Meldola (Forlì-Cesena).

Il disegno di legge. Tra i primi focus del documento presentato a febbraio, ce n’è uno che riguarda la "revisione della procedura di riconoscimento, di revoca e di conferma del carattere scientifico degli Istituti". Tradotto: ogni Istituto nasce da un riconoscimento, può continuare la sua attività tramite conferme, oppure non può farlo in caso di revoca. Tutto dipende da come viene valutato il loro lavoro, secondo dati periodicamente inviati al ministero; prendendo come esempio l’Irccs di Reggio (Istituto in tecnologie avanzate e modelli assistenziali in oncologia dell’Ausl), è stato riconosciuto nel 2011 e confermato nel 2017 - quanto alla revoca rimane, allo stato attuale delle cose, un punto di domanda. Tornando al disegno di legge quindi, viene prevista "l’introduzione di criteri e di soglie di valutazione elevati" con meccanismi di analisi "orientati all’eccellenza".

I criteri. Due righe dopo viene subito citato, come indicatore, la capacità degli Istituti di avere un ruolo di hub, che faccia da riferimento su una fetta di territorio più larga rispetto ai trend attuali. Alle amministrazioni regionali viene esplicitamente chiesto "di riconoscere al soggetto un ruolo determinante anche all’interno della programmazione sanitaria regionale". Questo per poter "assicurare un finanziamento minimo a fronte dell’incremento numerico degli Istituti" che dai 35 che erano nel 2003, oggi sono diventati 52 (di cui 30 privati). In sintesi, ci sono troppi Irccs in Italia e la richiesta è che le amministrazioni regionali si organizzino per ‘riassorbire’ il servizio, mettendo al primo posto solo gli Istituti che rispettano il "criterio della localizzazione territoriale", evitando così "la concentrazione di Irccs in una stessa regione" per una "distribuzione più equilibrata sul territorio nazionale".

Le risorse. Sintetizzati i nuovi indicatori di valutazione, forse è il caso di guardare quelli che hanno guidato le scelte del ministero in passato. A dirla tutta, meglio focalizzarsi su uno solo: le risorse economiche. Nel disegno di legge viene dichiarato in modo cristallino, più volte, che i finanziamenti pubblici messi a disposizione sono stati e resteranno invariati. Quelli riportati in tabella sono dati aggiornati a tre anni fa, tutti disponibili sul sito del ministero della salute: emerge, in effetti, una certa coerenza. Dal 2012 al 2019, con qualche oscillazione, le risorse erogate dallo Stato per finanziare gli Irccs hanno seguito una linea regolare. Come detto sopra gli Istituti sono aumentati: in quel range di anni, da 46 a 51. Le finanze messe a disposizione dell’Irccs reggiano, in tutto ciò, hanno mantenuto un trend in ascesa, con un apice di 2,7 milioni raggiunto nel 2016.

La concorrenza. Viste le premesse del disegno di legge, c’è però un quadro regionale di cui tener conto. In Emilia-Romagna abbiamo oggi all’attivo cinque Irccs, quattro pubblici (oltre a quello reggiano c’è l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, l’Istituto delle scienze neurologiche dell’Ausl di Bologna e l’Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, la più fresca di riconoscimento, arrivato nel 2020) e uno privato, ovvero l’Irst (Istituto scientifico romagnolo per la cura dei tumori) di Meldola. Sono in lizza poi il Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna), il cui l’iter di riconoscimento risulta in corso e l’Istituto “Ramazzini” di Bologna, che ha formalizzato alla Regione la sua richiesta di riconoscimento.

Gli avversari. Ciò detto, se ci si sofferma sull’ambito oncologico, c’è un concorrente che risalta tra gli altri: quello di Meldola, ‘nato’ giusto un anno dopo il nostro, l’unico al momento privato. Qui le risorse erogato fanno uno scatto: alla costante e regolare crescita del Reggiano, nel Forlivese c’è un salto di oltre due milioni tra il 2012 e il 2019. A voler poi essere scrupolosi, si può inserire nella classifica degli avversari anche l’Aou Bolognese, che è giovane nel riconoscimento ma conta già cinque partecipazioni alle reti Ern (European Reference Network). Non è una considerazione a caso: tra i criteri che secondo il disegno di legge conducono gli Irccs all’eccellenza, c’è anche "la capacità di partecipare alle reti di ricerca clinico assistenziali a livello nazionale e internazionale". Un cosiddetto ‘colpo di coda’, allora, non è da escludere.