L’uomo del Po e il turismo fluviale mancato "Non riusciamo nemmeno a fare le ciclabili"

Giuliano Landini è il capitano della Stradivari, la grande nave ancorata tra Boretto e Viadana: "Se non mi occupassi io di ripulire i pontili, crescerebbero le erbacce ovunque. Bisognerebbe dialogare con la Lombardia e fare come nel Nord Europa"

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di Antonio Lecci

Da anni si batte per un sistema di trasporto fluviale più sviluppato: non solo per il settore delle merci, ma soprattutto per il turismo, per valorizzare una ricchezza assoluta rappresentata dal fascino del Po, il grande fiume italiano.

Giuliano Landini, da sempre "uomo del Po" come lo erano il nonno e il padre, è direttamente coinvolto, essendo il capitano della motonave Stradivari, ancorata tra Boretto e Viadana, rimasta ormai l’unica grande imbarcazione da turismo sul Po, con tanto di ristorante galleggiante. Che ora è in vendita.

Capitano Landini, perché il turismo sul fiume Po non decolla come invece quello di altri corsi d’acqua europei?

"Perché finora ho sentito parlare di tanti progetti e di tanti impegni, ma di risultati concreti ne ho visti ben pochi".

Cosa intende?

"Che ci vuole un sistema diverso, che possa coinvolgere in modo coordinato i territori. Intendo in modo reale, non solo nei convegni e nei progetti, che poi alla fine fanno emergere tante parole, mentre restano forti i campanilismi. Se non ci sono collaborazioni dirette e reali tra Emilia e Lombardia non si va molto lontano".

Lei partecipa spesso agli incontri delle Borse del Turismo. Cosa ne pensa?

"L’idea di diffondere informazioni sulle realtà turistiche nostrane all’estero, attraverso le agenzie viaggi di mezzo mondo, può anche essere buona. Ma sa cosa le dico? Che a parte qualche spagnolo e americano arrivati dalle nostre parti grazie soprattutto ai gemellaggio con Canossa e le zone matildiche, di turisti stranieri qui da noi ne abbiamo visti molto pochi passati attraverso le agenzie viaggi. E poi occorre agire sulle infrastrutture".

In che modo?

"Si parla tanto delle piste ciclopedonali, ma il progetto VenTo, la pista tra Venezia e Torino, non decolla. E quando si rompe un argine su cui corre una pista ciclopedonale, per aggiustarlo occorrono non meno di due anni. Così il turista passa, trova la strada sbarrata, torna indietro e non si farà mai più vedere da queste parti".

Secondo lei cosa si dovrebbe fare?

"Occorre una comunicazione differente per far conoscere le nostre ricchezze anche fuori dal territorio locale. Sul turismo ci vuole un progetto vero, con investimenti adeguati, che possa fare emergere un prodotto organizzato, che unisce acqua e terra. Abbiamo Parma vicina, che attira turismo. Modena pure. Noi avremo pure attrazioni minori, ma per passare da una città all’altra, la gente deve transitare dalle nostre parti. Coinvolgiamo i turisti quando passano da noi, cerchiamo di attirare la loro attenzione. Altrimenti passano, si guardano attorno e se ne vanno subito. Abbiamo patrimoni che nessuno può portarci via: il fiume Po, la Food Valley, la Motor Valley, una gastronomia di primissima qualità. Sono ricchezze che non possono essere delocalizzate. Approfittiamone. Ma occorre partire dalle piccole cose".

Ad esempio?

"Non è possibile che debba essere io a ripulire i pontili sul Po dalle erbacce. Se non mi occupo io dello sfalcio, in alcuni casi la gente non è neppure in grado di scendere dalle imbarcazioni. E poi sento parlare di mega progetto, di maxi aree… Si punti piuttosto a garantire acqua nel fiume, rendendolo navigabile tutto l’anno, attraverso degli invasi, delle strutture di bacinizzazione. Altrimenti è come voler riempire una vasca tenendo aperto il tappo…".

Cosa chiede ai governanti?

"Di prestare più attenzione alle nostre zone. Spesso chi comanda, a Roma, non viene informato adeguatamente dei nostri problemi. Non ci si ricordi del Po solo durante le… campagne elettorali".