ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

"Mio padre mi chiamava Cicciolina"

L’incubo di una giovane: da dietro un paravento in aula ha ripercorso i maltrattamenti che avrebbe subìto dal padre

Una adolescente avrebbe subìto dal padre vessazioni fisiche e psicologiche

Una adolescente avrebbe subìto dal padre vessazioni fisiche e psicologiche

Scandiano (Reggio Emilia), 14 dicembre 2023 – Un paravento per proteggerla da suo padre, seduto a poca distanza al banco degli imputati, mentre l’incubo che la figlia avrebbe vissuto riprendeva vita nelle sue parole. Quelle di un’adolescente che avrebbe subito dal genitore vessazioni psicologiche e anche fisiche quando aveva 15-16 anni: le condotte sarebbero avvenute, tra la primavera del 2020 e il maggio del 2021, in una famiglia in apparenza ‘normale’, senza problemi di soldi, che abita nel distretto ceramico. Davanti al collegio dei giudici presieduto da Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e Silvia Semprini, ieri la giovane, ora maggiorenne, ha ripercorso i maltrattamenti che avrebbe subito, al centro dell’inchiesta del pm e Valentina Salvi: "Lui mi aveva chiamata ‘cicciolina’. Era contrario a tutte le mie frequentazioni, tra cui quella del mio fidanzato. Era preoccupato del fatto che io passassi come la prostituta del paese. E cercava di screditarmi. Mi diceva che valevo molto poco. Con mio fratello il discorso era diverso, perché maschio. Ma un giorno, quand’eravamo piccoli, ricordo che lui gli diede uno schiaffo che gli colpì l’orecchio, da cui per mezz’ora non sentì".

L’uomo l’avrebbe anche minacciata con frasi del tipo: "Ti ammazzo", "La prossima volta ti stacco la testa", "Guarda che ti picchio e ti do uno schiaffo". L’avrebbe anche appellata "futura pornostar". E oppressa per il suo rendimento scolastico: "Scema, non farai mai niente". Il padre avrebbe tenuto la televisione a un volume tale da costringerla al silenzio. L’avrebbe chiusa in camera per intere giornate. E colpita con calci, pugni e schiaffi, causando pure a lei una temporanea e parziale perdita dell’udito. Le avrebbe tolto il telefono per tre mesi e impedito l’accesso alle chat su whatsapp di gruppo tramite cui lei poteva comunicare con gli amici. Finché un giorno lei, esausta, chiamò il Telefono azzurro. Furono attivati i servizi sociali, che ottennero dal tribunale dei Minori il trasferimento in una comunità, soluzione che anche lei preferì al rientro in famiglia. In questo periodo risultava affidata ai servizi, mentre padre e madre avevano mantenuto la responsabilità genitoriale: a quanto emerso, per otto mesi non le diedero neppure il permesso di vedere il fidanzato, mentre il fratello andò via di casa. Poi la situazione si è sbloccata: ora lei abita in autonomia fuori provincia. Nel processo si è costituita parte civile affidandosi all’avvocato Cecilia Soliani. Il padre è difeso dall’avvocato Nino Giordano Ruffini: "Siamo fiduciosi di dimostrare l’infondatezza delle accuse - dichiara il legale –. Il mio assistito si è mantenuto entro i limiti di una corretta gestione del rapporto con la figlia".