Donna incinta si sente male e muore davanti all’ospedale di Montecchio

Tragedia nella notte nel Reggiano. La ricotruzione dell’Ausl sui soccorsi. L’accusa del sindacato: “Colpa dei tagli alla sanità, pronto soccorso notturno chiuso da 4 anni”

Una foto generica di automedica. Nel tondo l'ospedale davanti al quale è morta la donna incinta

Una foto generica di automedica. Nel tondo l'ospedale davanti al quale è morta la donna incinta

Montecchio (Reggio Emilia), 12 marzo 2024 – Tragedia nella notte a Montecchio, dove una donna incinta di due mesi, di circa 40 anni, è deceduta proprio davanti all’ospedale Franchini. Inutili i tentativi dei rianimatori per cercare di salvarle la vita.

Secondo una prima ricostruzione ecco come si sarebbero svolti i fatti. La donna, di origini indiane, si era sentita male attorno all’una di notte a casa propria, nel paese di Gattatico. Il marito, allarmato, aveva chiamato subito il 118 che l’ha rassicurato garantendo l’invio dell’automedica da Reggio. Ma nell’attesa la donna ha perso i sensi e così il marito ha deciso di trasportarla urgentemente all’ospedale più vicino, il Franchini appunto.

Una foto generica di automedica. Nel tondo l'ospedale davanti al quale è morta la donna incinta
Una foto generica di automedica. Nel tondo l'ospedale davanti al quale è morta la donna incinta

Ma a quell’ora il pronto soccorso è chiuso. L’uomo ha bussato alla vetrata d’ingresso chiedendo aiuto, finché una operatrice ha contattato i volontari della Croce Arancione che erano sul posto e che hanno tentato una prima rianimazione, inutilmente.

Successivamente è arrivata l’automedica da Reggio: nonostante le manovre di rianimazione, i professionisti hanno potuto soltanto constatare il decesso della povera donna incinta. Sulla vicenda indagano i carabinieri.

La ricostruzione dell’Ausl

L’Ausl – che invia “le più sentite condoglianze” alla famiglia della donna – comunica che quando il marito ha chiamato il 118 la donna era “in stato di incoscienza e con respiro rumoroso”, gli operatori della centrale operativa gli hanno consigliato di “attendere al domicilio i soccorsi”.

L’Ausl continua: “Il marito però aveva deciso di portare autonomamente, con la propria auto, la moglie al Pronto Soccorso di Montecchio, chiuso di notte dal 20 marzo 2020”. Intanto l’ambulanza era giunta a casa della famiglia, dove un parente ha raccontato che il marito l’aveva portata a Montecchio". A quel punto l’ambulanza ha chiamato il 118 ma, continua la ricostruzione, “non è stato possibile contattare il marito per proporre un rendez vous, un luogo di incontro lungo il percorso con un mezzo di soccorso avanzato (automedica o autoinfermieristica), perché il cellulare era stato lasciato a casa”.

La successiva mossa del 118 è stata quella di attivare l’autoinfermieristica “per l’immediata apertura della camera calda del Pronto Soccorso di Montecchio in attesa dell’arrivo della paziente, nonché l’automedica per l’eventuale necessità di intervento. All’arrivo dell’auto guidata dal marito con la paziente a bordo, sono subito iniziate le ripetute manovre di rianimazione a cura dei professionisti dell’autoinfermieristica e dell’automedica, tempestivamente giunta sul posto”.

Purtroppo per la signora non c’è stato nulla da fare.

Il sindacato: "Colpa dei tagli alla sanità"

"Una tragedia che, senza alcun dubbio, è conseguenza di tagli e definanziamenti continui alla sanità pubblica", attacca Sgb, il sindacato generale di base, riferendosi al pronto soccorso chiuso quattro anni fa. "Siamo colpiti e profondamente addolorati da questa tragedia, desideriamo esprimere le più sentite condoglianze alla famiglia della donna deceduta. Tuttavia pur in attesa che sia fatta chiarezza sull'accaduto, questa tragedia oltrepassa ogni limite dell'accettabile. È una gravissima carenza in fatto di tutela del diritto alla salute, e non acconsentiremo che quanto accaduto sia sminuito con la retorica della statistica di un caso di rischio sanitario", continua Sgb in una nota. Infine l'appello: "Da tempo chiediamo conto della riorganizzazione della rete di emergenza urgenza, con auto mediche ridotte e dirottate, in nome di una non meglio precisata ottimizzazione delle risorse, su altri distretti costrette a coprire vasti bacini d'utenza, servizi di ps territoriali chiusi o ridotti a H12, depotenziati a servizi Cau, cattiva gestione delle comunicazioni alla cittadinanza sull'accesso ai servizi. Ma le uniche risposte avute sono state ulteriori tagli, ulteriori chiusure, ulteriori depotenziamenti. Sulla sanità è necessario e urgente invertire la rotta. Servono investimenti e non tagli. Servono aperture e non chiusure. C'è bisogno di capitale umano e professionale e non di blocco assunzioni. C'è necessità di ascoltare, capire e di dare risposte efficienti di qualità al bisogno di salute della popolazione e non di smantellamento di servizi camuffati da riorganizzazioni".