ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Saman Abbas, un osso umano nel Po: esame del Dna per capirlo

I carabinieri lo hanno recuperato il 3 novembre vicino a Lido a Boretto, pare si tratti di un frammento di un cranio

Saman  Abbas in una foto tratta dal profilo Facebook

Saman Abbas in una foto tratta dal profilo Facebook

Reggio Emilia, 29 dicembre 2021 - Un frammento osseo trovato a Boretto, nella zona del Po. Su questo resto la Procura sta indirizzando la propria attenzione investigativa nell’ambito dell’inchiesta aperta su Saman Abbas, la 18enne pakistana sparita il primo maggio da Novellara e per la cui scomparsa sono indagati i genitori, uno zio e due cugini. Il pm Laura Galli, titolare dell’indagine, ha ordinato ai carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma di fare un’analisi specialistica sull’osso, ovvero di estrapolare il profilo biologico del Dna.

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Il reperto è stato scoperto nell’area del Lido Po di Boretto: da quanto trapela, non è stato ripescato direttamente dall’acqua. I carabinieri lo hanno poi preso e sottoposto a sequestro il 3 novembre. Non ci sarebbero dubbi sul fatto che si tratti di un osso umano, perché pare appartenga a un cranio.

Gli investigatori potranno isolare il profilo genetico, avendo così conferma definitiva sul fatto che sia appartenuto a una persona, e compararlo a quello di Saman Abbas, il cui Dna era stato estratto nei mesi scorsi dagli abiti sequestrati nella sua abitazione di Novellara.

La cautela è d’obbligo: il Po ha restituito alla luce diversi cadaveri, anche a distanza di mesi o anni, e dunque solo l’analisi scientifica potrà dire se l’osso appartenga alla ragazza, dando conferma al più tragico dei sospetti che aleggia ormai da otto mesi sulla sorte di Saman. Ma una pista porta proprio al Grande fiume: sentito in contradditorio davanti al gip Luca Ramponi, durante l’incidente probatorio, il fratello 16enne di Saman aveva infatti raccontato di aver ascoltato di nascosto una riunione di famiglia tenuta il 30 aprile, poche ore prima della scomparsa della giovane. E di aver sentito parlare un cugino, che non risulta al momento indagato: "Uccidete, sennò io porto... cioè, ci sono... ho il motorino, facciamo piccoli pezzi e buttiamo nel... Guastalla, no? C’è un fiume, buttiamo là. Lei fa troppe cose, mette pantaloni, eh... fuori dalla musulmana".

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Parole che conducono proprio ai paesi affacciati sul Po, dov’è stato trovato quell’osso. In passato, poi, quando si è cercato nelle campagne dove si trovano le serre dell’azienda agricola ‘Bartoli’, accanto alla casa di Novellara dove abitavano gli Abbas, talvolta i carabinieri si sono imbattuti in resti biologici, ricondotti però a carcasse animali. Questa volta, invece, il ritrovamento è ritenuto di interesse investigativo, tanto da ordinare il recupero del Dna. Oltre a questo accertamento tecnico non ripetibile, la Procura ne ha ordinati altri: tre giorni dopo, il 6 novembre, i carabinieri hanno sequestrato alcuni abiti nella casa dove abitava Danish Hasnain, lo zio di Saman indicato dal fratello 16enne come presunto esecutore materiale della sua morte.

Il pm ha chiesto al Ris di individuare su quegli indumenti l’eventuale presenza di materiale biologico riconducibile agli indagati. Sott’inchiesta sono finiti il padre 45enne Shabbar Abbas e la madre 48enne Nazia Shaheen, partiti il primo maggio per il Pakistan, sui quali pende una richiesta di estradizione: la coppia voleva imporre alla figlia un matrimonio combinato nel Paese d’origine con un cugino di una decina di anni più vecchio e non vedeva di buon occhio il suo stile di vita occidentale. Per i genitori sono stati ipotizzati i reati di sequestro di persona e omicidio aggravato dal legame di parentela con la vittima, premeditazione e futili motivi. Per altri tre parenti si aggiunge un’ulteriore contestazione, cioè l’occultamento di cadavere. Si tratta dello zio 33enne Danish Hasnain, fratello di Shabbar: fuggito dall’Italia e arrestato in settembre a Parigi, si è opposto all’estradizione, della quale si discuterà di nuovo il 5 gennaio davanti alla Chambre d’instruction della Capitale francese. E poi di due cugini: il 29enne Ikram Ijaz, fermato in maggio a Nimes, in Francia, e ora in custodia cautelare nel carcere della Pulce, e il 34enne Nomanulhaq Nomanulhaq, tuttora latitante. Gli accertamenti commissionati al Ris di Parma prenderanno il via a metà gennaio.