Sleddog, addestra cani da slitta e fa la guida al Circolo polare artico

L’esperienza per un anno e mezzo del 21enne reggiano Mattia Violi

Un'immagine di Mattia Violi a Kiruna, in Svezia

Un'immagine di Mattia Violi a Kiruna, in Svezia

Reggio Emilia, 17 marzo 2019 - Da alcuni anni ha preso piede anche in alcune regioni italiane, come il Trentino, lo «sleddog», ovvero i viaggi sulla slitta trainata dai cani. La tradizione però ci porta ad accostare questo genere di attività ai paesi nord europei dove la neve la fa da padrone ed esiste una vera e propria cultura.

A Kiruna, in Svezia oltre il Circolo Polare Artico, ha lasciato un tocco di reggianità il ventunenne Mattia Violi, da poco rientrato a casa in zona Foscato ma che per quasi un anno e mezzo ha avuto la possibilità di vivere un’esperienza indimenticabile come addestratore di cani e poi guida turistica.

«Circa due anni fa - esordisce Mattia – ho conosciuto la moglie di un parente e, chiacchierando, ho scoperto che aveva una sorella che organizzava i viaggi su slitte trainate da cani in Svezia: scherzando, ho chiesto se avessero bisogno di forza lavoro e, pur spiegandomi che lo staff in quel momento era al completo, ho comunque inviato il curriculum. Incredibilmente circa un mese dopo sono stato contattato».

Quindi armi e bagagli e si parte.

«Certo! Alla fine dell’estate sono partito, accettando, come da loro prassi, un contratto di prova di un mese. È consuetudine perché molte persone non si rendono conto di ciò a cui vanno incontro, si lascia la famiglia, le condizioni climatiche spesso sono estreme, il lavoro è molto duro e il tempo libero è davvero poco».

Come funziona l’addestramento dei cani?

«È un’attività stagionale che dura fino ai primi di novembre, prima dell’inizio dei tour. Li alleniamo a gruppi di 12-16 alla volta, attacandoli a coppie; partiamo con due-tre chilometri al giorno per poi passare a cinque e infine quindici che è la distanza del tour più breve. Qui fermiamo gli allenamenti dei cani più vecchi, mentre con gli altri proseguiamo sulle distanze di diciotto e venticinque chilometri per simulare i tour più lunghi. Lo scopo non è far correre velocemente i cani ma allenare la loro resistenza sul lungo termine. Gli addestratori seguono sul quad per poi passare sulla slitta quando si stratifica la prima neve fresca».

All’inizio l’impatto come è stato?

«Sono partito come aiuto-guida per farmi le ossa. Per prima cosa ovviamente bisogna pensare al nutrimento dei cani e alla pulizia dei loro box. Poi mi occupavo dei turisti, spaziando dalle esigenze alimentari fino al guardaroba, visto il freddo».

Ma da buon italiano, non ha mancato di distinguersi anche in cucina.

«Già – ride Mattia – sono stato messo alla prova dai miei capi e il cibo che ho cucinato è stato apprezzato. Ma non solo da loro, infatti l’aiuto-guida deve essere pronto anche a cucinare per i turisti, ma questo è niente, la parte più difficile è arrivata a gennaio dell’anno scorso quando sono stato promosso a guida, perchè devi assumerti tutte le responsabilità del viaggio».

Ovvero?

«La cosa più ovvia, ma non banale visto le condizioni meteo, è conoscere e orientarsi bene su tutti i percorsi. A volte partono tour davvero lunghi anche di trenta o quaranta chilometri e durano più giorni. Ci si sposta da una casetta all’altra, spesso gli alloggi sono molto spartani ma sono le cose che piacciono ai turisti perchè non c’è elettricità nè acqua e così hanno molto tempo libero da passare con i cani, poi aiutano le guide a prendere l’acqua nei laghi che, tra l’altro, è davvero buonissima».

E per scaldarsi e cucinare?

«Si va in cerca della legna per fare il fuoco, si scava una buca con una pala e poi si mangia fuori all’aria aperta. Inoltre come i Sami, la popolazione tipica del luogo, la guida va in giro con una cintura tradizionale a cui si attaccano coltelli, tazze e un acciaino che viene usato per accendere il fuoco e quando lo fai fare ai turisti si gasano un sacco».