Ucraina, "Fuggite senza nulla verso Reggio". L’odissea di Maria e Julia lunga 1560 km

Sono tra le prime profughe ucraine ad arrivare nella nostra provincia. "Otto ore per fare l’ultimo chilometro prima del confine"

Reggio Emilia, 1 marzo 2022 - Via dall’incubo. Venerdì Maria e i suoi figli di 12 e 16 anni hanno affrontato insieme alla cognata Julia, un lungo viaggio che li ha portati finalmente al sicuro. Anche se come racconta Julia "ancora non mi sembra vero, quando sento un areo passare mi immobilizzo per la paura di vedere qualcosa esplodere, è una sensazione che non riesco a dimenticare". Niente si può cancellare dopo il primo bombardamento. Nemmeno le ultime immagini che Julia e sua cognata Maria hanno della loro amata città, del paese in cui sono cresciute: file infinite per prelevare ai bancomat, solo negozi vuoti, strade deserte, farmacie chiuse e poi tanta fretta di andarsene per mettersi in salvo. La fila. Un’interminabile coda di macchine le divideva dalla frontiera (video).

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Maria e Julia al sicuro a Pecorile
Maria e Julia al sicuro a Pecorile

Esattamente otto le ore che hanno impiegato a percorrere l’ultimo tratto in auto, una tranche di un chilometro le separava dalla salvezza. Con 1560 chilometri e un viaggio di due giorni alle spalle hanno lasciato la loro città: Ivano-Frankivs’k. I bombardamenti sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso già ricolmo di tensioni e preoccupazioni accumulate nei giorni precedenti, quando si parlava ancora di esercitazioni. Così da Ivano-Frankivs’k Julia ha preso con sè la cognata e i nipoti e hanno raggiunto la prima tappa del loro lungo viaggio Užhorod, hanno dormito una notte a Košice per poi proseguire il mattino seguente per la Slovacchia fino all’arrivo al confine.

una foto della massa di gente che fuggiva
una foto della massa di gente che fuggiva

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Una partenza improvvisa, decisa all’ultimo minuto, perché "avevamo paura di altre bombe" sostengono Maria e Julia; e che nessuna delle due si aspettava potesse mai tramutarsi in una vera e proprio fuga. "Non abbiamo portato niente con noi, abbiamo lasciato tutto là, solo i documenti e un paio di vestiti. Inizialmente pensavamo di allontanarci solo un po’ dalla zona. La casa di mia cognata – spiega Julia – è vicino all’aeroporto e a una base militare della Nato, quindi c’era una grande probabilità che nei giorni successivi sarebbe stata bombardata. Poi le notizie dei continui bombardamenti ci hanno spinto a credere che andare via fosse l’unica soluzione".  

Maria e Julia non si sono lasciate alle spalle solo la casa, i loro mobili, i vestiti, le abitudini di una vita che le legano a quel posto, ma parenti, amici e soprattutto familiari. Maria, a differenza della cognata Julia e del fratello che si trovavano in Ucraina da solo un mese per far visita ai genitori delle corrispettive famiglie, ha lasciato anche suo marito, il padre dei due bambini che ha portato in Italia, a Pecorile dalla sorella Cristina. Il marito di Maria non ha potuto lasciare il paese perché chiamato alle armi, come tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni.

A tendere la mano all’esodo della popolazione ucraina tanti volontari, che sul confine hanno saputo prendersi cura di chi arrivava da lontano con un sorriso e una caramella. "Ringraziamo per l’aiuto che ci è stato dato, sono stati tutti molto gentili ed è bellissimo quello che tutti i Paesi del mondo stanno cercando di fare per noi in questo momento. Stiamo ricevendo grande solidarietà da tutti. Anche dai vicini di casa di Cristina, a volte basta chiedere anche solo ’come stai’".  

L’attacco russo ha travolto tutta la popolazione che purtroppo non se lo aspettava, infatti Julia spiega che "nonostante le ostilità e le continue frizioni, nessuno si sarebbe mai immaginato un attacco massiccio e così aggressivo. Nessuno pensava che si potesse arrivare a tanto". Ora solo due restano gli unici pensieri fissi di Maria e Julia. E sono rivolti alla risoluzione del conflitto. Julia spera che si agisca rapidamente "perché – come dice– le cose in un momento come questo in territorio di guerra possono evolversi in pochi minuti e dopo potrebbe essere troppo tardi. Vorremmo mandare – continua Julia– altri aiuti a casa, per sostenere da lontano le persone che sono rimaste lì". Amici e parenti che non sono potuti scappare come loro due, e ora sono costretti a sopravvivere ogni giorno, messi di fronte a situazioni di estremo disagio".

Il secondo pensiero che entrambe condividono è infine quello di poter ritornare a casa. "Ci auguriamo che la situazione possa risolversi in tempi brevi. La nostra vita è lì. Tutti i giorni siamo a contatto con chi è rimasto a casa, ci assicuriamo che stiano tutti bene. Ma non vediamo l’ora di tornare, soprattutto per i bambini che hanno improvvisamente lasciato la scuola e amici, per loro non è facile stare qui senza capire cosa sta succedendo". Infine conclude Maria "questa è la seconda volta che vengo da mia sorella Cristina e mai avrei pensato che sarebbe stata come rifugiata di guerra, spero che, qualora io dovessi tornare, la prossima volta sarebbe solo per godermi la mia famiglia".