Bagnini battuti: in spiaggia va fatta luce

Il Consiglio di Stato respinge il ricorso degli operatori balneari contro l’ordinanza comunale sull’illuminazione obbligatoria

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Bagnini sconfitti: in spiaggia si faccia luce. L’arenile deve essere illuminato a giorno anche di notte. Il Consiglio di Stato, la sentenza è del novembre scorso, ha respinto il ricorso di due dei leader della categoria, Oasi Confartigianato, Giorgio Mussoni e Mauro Vanni, contro l’ordinanza balneare del Comune di Rimini che aveva previsto l’obbligo fin dall’estate 2018. Con tanto di multa da 1.032 euro a chi lasciava il proprio stabilimento al buio. Un obbligo - l’illuminazione da tramonto all’alba - che era stato inserito nel Patto per la sicurezza firmato, nel dicembre 2017, dall’allora ministro dell’Interno Minniti a Rimini. Iniziativa avviata da Palazzo Garampi - in accordo con Questura e Prefettura - dopo la brutale violenza sulla spiaggia di Mirmare, nell’agosto di quell’anno, con una turista polacca violentata dal ’branco’ guidato da Butungu.

Contro l’obbligo i bagnini avevano fatto ricorso al presidente Mattarella: "Le questioni di sicurezza e ordine pubblico non sono di competenza dei privati", la tesi di Mussoni e Vanni. Ma i giudici hanno dato ragione al Comune.

"In realtà il ricorso è stato fatto per una questione di principio – spiega Vanni –, cioè su a chi toccasse occuparsi di sicurezza. Di mezzo ci sono anche questioni assicurative: se la responsabilità è nostra, e per qualche motivo tecnico una sera non si accende il faro, e disgraziatamente avviene un crimine, diventiamo oggettivamente corresponsabili dell’accaduto. L’abbiamo giudicato inaccettabile. Ora non ci resta che prendere atto della decisione dei giudici. Di fatto comunque le spiagge vengono già quasi tutte illuminate durante la notte, con potenti fari. E’ nostro interesse tutelare anzitutto le attrezzature balneari". "Tra l’ultimo weekend di maggio e il secondo weekend di settembre – recita la sentenza – l’obbligo riguarda unicamente i concessionari del demanio marittimo, i quali si trovano in un particolare rapporto di cura e di tutela del bene demaniale dato in concessione". Non risulta inoltre, secondo i giudici, "il lamentato sviamento di potere, avendo il Comune, con l’ordinanza balneare, inteso perseguire il fine pubblico della sicurezza urbana". Inoltre, l’attività di impresa del concessionario è sottoposta a vigilanza e controllo "dell’autorità pubblica concedente... essendo ricompresa nel servizio ’principale’ che il concessionario deve svolgere".

Insomma, tocca ai bagnini: luci accese e niente storie.

Mario Gradara