Colpo di spugna della Corte d’Appello di Bologna sulla sentenza di primo grado dell’inchiesta Luxury Dog, riguardante un traffico illecito di cani di razza dalla Slovacchia. I giudici di secondo grado hanno accolto le questioni di incompetenza territoriale sollevate dalla difesa degli imputati: la sentenza di primo grado – che nel dicembre del 2022 aveva portato alla condanna di 12 persone – è stata annullata, e gli atti sono stati trasmessi per competenza alla Procura del tribunale di Udine, ora chiamato ad incardinare un nuovo processo.
L’inchiesta Luxury Dog era stata avviata nel 2019 dalla polizia di frontiera, con il coinvolgimento anche dell’Interpol. Le accuse erano, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’importazione di cani, maltrattamento di animali e truffa. L’indagine aveva toccato diverse città: Rimini, Torino, Bergamo e Napoli, ma anche la provincia di Forlì-Cesena.
Secondo la ricostruzione eseguita dalla polizia di frontiera, era un 69enne nativo di Torino e residente in provincia di Savona (difeso dall’avvocato Monica Morolli) ad essere l’importatore di cuccioli di razze pregiate in Italia attraverso la Slovacchia, ma nel business – affermano gli inquirenti – c’erano anche un commerciante di animali di Rimini di 35 anni (difeso dall’avvocato Mauro Guidi) e un 47enne di Napoli (difeso dall’avvocato Rosario Campasso) che forniva i documenti falsi per il trasporto e la vendita. Il gruppo, stando al quadro messo insieme dai poliziotti, aveva ramificazioni anche nel Cesenate. Tra le persone condannate in primo grado c’era anche un 66enne di Savignano (difeso dall’avvocato Andrea Muratori), ed una 41enne di Cesenatico.
L’indagine era partita nel 2019 dalle denunce di una quarantina di padroni di cuccioli morti pochi giorni dopo la consegna. La Procura aveva quindi ipotizzato anche il reato di maltrattamento, ma secondo i legali difensori, non vi sarebbero perizie a riprova del maltrattamento subito dagli animali durante il trasporto in Italia. L’organizzazione, sostengono gli investigatori della polizia di frontiera, aveva sviluppato la capacità di falsificare documenti dei cani ed impiantare loro microchip provenienti da mercato parallelo cinese, ma leggibili da lettori in uso ai veterinari ed alle forze di polizia. Nell’agosto 2019, le associazioni Legambiente e Libera avevano conferito il Premio Nazionale Ambiente e Legalità 2019 all’ufficio polizia di frontiera di Rimini per l’operazione e per l’attività a tutela degli animali. Secondo gli inquirenti, il gruppo avrebbe fatto arrivare dall’estero circa 5mila cuccioli, venduti per cifre comprese tra i mille e i 1.800 euro. Un traffico che avrebbe fruttato nel corso del tempo oltre un milione di euro. In primo grado, gli imputati erano stati condannati anche versare un risarcimento a Legambiente Emilia-Romagna di 5mila euro. Ora però il processo dovrà essere nuovamente incardinato: i giudici della Corte d’Appello di Bologna hanno infatti ritenuto competente la Procura di Udine, in quanto è in quella provincia che sarebbe stata commessa l’ipotesi di reato penalmente più rilevante, quella di associazione per delinquere finalizzata all’importazione di cani.