
Eleonora Bernardi, 38enne originaria di Novafeltria
Da Novafeltria a Bruxelles per dare voce ai parlamentari italiani e europei, grazie alle sue traduzioni in lingua. La storia dell’interprete e docente, Eleonora Bernardi, è davvero unica. La 38enne lavora nel settore da oltre 15 anni, ha operato per aziende private, per la Farnesina, nel mondo del calcio internazionale, per molti ministeri e lavora come interprete feeelance anche per il Parlmento Ue. Bernardi ha anche vinto di recente un premio per la migliore tesi dottorale alla Conferenza internazionale degli Istituti universali di traduttori e interpreti, con una ricerca legata ai rischi e ai diritti degli interpreti in zone di conflitto. "Dopo gli studi al liceo linguistico di Novafeltria sono entrata alla scuola di interpreti a Forlì – racconta – e nel 2011, quando mi sono laureata, ho iniziato a lavorare come interprete sul mercato privato. Poi mi sono re-iscritta all’università in Croazia, ho fatto anche la doppia maturità. Lì ho vissuto sei anni. Mi sono specializzata studiando principalmente croato, ma anche serbo, bosniaco e montenegrino. Oggi in Italia lavoriamo solo in due come interpreti per il croato".
Quante lingue conosce?
"Sei, ma mi sto specializzando in altre. Alle istituzioni europee più lingue sai, meglio è".
Quando ha iniziato a lavorare per l’Unione europea?
"Ho fatto il concorso come interprete freelance nel 2021, poi per via del periodo di stallo per il Covid sono riuscita a trasferirmi a Bruxelles solo nel 2022. Ho lavorato come freelance per il Consiglio europeo, per la Commissione e oggi continuo a lavorare per il Parlamento. La voce che i deputati sentono in cuffia è mia e dei miei colleghi".
E come è arrivato il dottorato di ricerca?
"Nel 2019 ho iniziato il dottorato. Ho voluto fare una tesi sulla situazione degli interpreti nei luoghi di conflitto, prendendo come caso d’esame la guerra nell’ex Jugoslavia negli anni Novanta. Ho intervistato fino a 40 persone tra colleghi e militari che operavano per le Nazioni Unite, tra cui l’unico uomo sopravvissuto al massacro di Srebrenica, dove persero la vita 8.000 persone, nel 1995. Era un interprete".
D cosa tratta la sua tesi?
"Dei rischi e dei diritti degli interpreti che seguono le truppe. Volevo dare voce a queste persone: si trovano sempre in un limbo, vengono spesso dimenticate, rischiano di venire rapite per le informazioni o spesso vengono additate come traditrici. Per non parlare delle donne interpreti che rischiano anche abusi sessuali. Gli interpreti hanno ruoli chiave soprattutto nei momenti di ricostruzione. Servono più preparazione, formazione e selezione".
Quanto è importante un interprete in situazioni di tensione tra Stati in guerra?
"L’interprete spesso contro-bilancia i discorsi, fa da filtro, adatta i I significati e il linguaggio del corpo".
Ha un sogno nel cassetto?
"Lavorare a Bruxelles era il mio sogno e l’ho realizzato. Il mio unico obiettivo è continuare con questo lavoro".
Rita Celli