
"Chiunque acquisti il Centro all’asta, non avrà l’autorizzazione da parte della nostra famiglia all’utilizzo del nome di mio padre Pio Manzù". Lo afferma, "a seguito della pubblicazione dell’articolo ’Il Pio Manzù va all’asta’", il figlio dell’artista, Giacomo Manzoni (Manzù).
"Questa decisione – precisa – non nasce all’improvviso, ma è il risultato di 20 anni di confronto trasparente e leale con il Centro di Verucchio, guidato in maniera geniale da Gerardo Filiberto Dasi". Manzoni redige una dettagliata cronistoria, citando la corrispondenza con Dasi, con l’allora presidente del Pio Manzù Roberto Valducci, e di recente con il liquidatore del centro, Bruno Valcamonici.
"Il 28 Luglio 2004 – scrive Giacomo Manzoni –, io e mia sorella Francesca abbiamo indirizzato una lettera al Prof. Dasi specificandogli che la nostra famiglia autorizzava l’utilizzo del nome di nostro padre solamente fino a che lo stesso Prof. Dasi ne fosse rimasto alla guida e riservandoci di valutare il da farsi al mutare della situazione. Erano gli anni in cui Gerardo stava negoziando il passaggio, poi sfumato, dell’associazione sotto la guida della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini... il 12 Marzo 2015, attraverso una lettera dell’avvocato Fabio Missale del Foro di Bergamo, abbiamo ufficialmente comunicato al Dottor Valducci, presidente del Centro, e ai soci l’intenzione di non concedere più l’utilizzo del nome Pio Manzù, intimando quindi di evitarne qualsiasi uso istituzionale e commerciale. Da ultimo, lo scorso 13 Settembre ho personalmente indirizzato una lettera al ragionier Bruno Valcamonici, liquidatore del Centro, per ribardirgli quando espressamente richiamato nelle lettere sopra citate e per confermare che non vi é da parte della nostra famiglia alcuna autorizzazione all’uso del nome di nostro padre Pio Manzù".
"Ritengo dunque opportuno – aggiunge Manzoni –: per correttezza e trasparenza, evidenziare che il nome di Pio Manzù non è più nella disponibilità del Centro da oltre 6 anni". Questione opere d’arte, parte del patrimonio del centro, oggi all’asta: "Io stesso ho, in passato, espresso al liquidatore il mio personale interesse all’acquisto, reso però impossibile dal fatto che era pendente presso la Cassazione una causa legale delle figlie del Prof. Dasi contro la liquidazione circa la reale proprietà di suddette opere, che le sorelle Dasi ritengono essere del padre e non del Centro".
Mario Gradara