Morto alla Notte Rosa: "Per la prima volta analizziamo il telefono. Il caso è da riaprire"

La famiglia del giovane Vadim, scomparso a Riccione nel 2012 ha chiesto l’analisi dell’apparecchio. L’avvocato Elena Fabbri: "Non escludiamo alcuna pista. Così sapremo con chi il ragazzo ha avuto gli ultimi contatti quella sera"

Il recupero del corpo di Vadim dal Marano

Il recupero del corpo di Vadim dal Marano

Rimini, 13 aprile 2024 – Giuseppe Piccione non si è mai rassegnato all’ipotesi di un banale incidente. E a cinque anni dall’ennesima archiviazione del caso si appresta a chiedere nuovamente di riaprire l’inchiesta sulla morte di suo figlio Vadim, il 22enne di Ravenna che lo stesso genitore ritrovò morto sulle rive del Marano di Riccione, epilogo della tragica Notte rosa del luglio 2012. Gli amici che erano con lui erano tornati a casa, senza che nessuno si fosse particolarmente preoccupato della sua sorte. Ora, attraverso un nuovo legale, l’avvocato Elena Fabbri, esperta in reati contro la persona, si appresta a chiedere nuovi accertamenti alla procura di Rimini alla luce di quelle che saranno le risultanze di un aspetto fin qui mai investigato: l’analisi del cellulare del giovane.

Un esame fino a qualche anno impossibile, su un apparecchio di vecchia generazione – precedente agli smartphone –, compromesso in quanto fu ritrovato in acqua, ma che oggi le nuove tecnologie rendono praticabile. L’obiettivo è uno: capire con chi Vadim, quella sera del 7 luglio di ormai dodici anni fa, si era sentito e aveva trascorso le ultime ore. "Si tratta di una novità importante – spiega l’avvocato Fabbri – e l’apparecchio è già nella disponibilità di un nostro consulente, esperto in questo tipo di analisi. I dati, quindi il traffico telefonico e i contatti che Vadim aveva avuto quella sera, potranno essere decisivi ai fini della riapertura dell’indagine".

Gli stessi accertamenti precedenti non avevano chiarito un particolare: da una parte il cellulare trovato spento vicino al ragazzo, dall’altro il fatto, testimoniato dalla madre, che poco prima avesse squillato a vuoto. Quella notte il ragazzo, di origini bielorusse, aveva raggiunto la Riviera in treno insieme ad alcuni amici. Si erano divertiti e avevano bevuto, ma poi si erano persi di vista. Alcune ore dopo il tragico ritrovamento a Riccione del corpo di Vadim.

Le indagini della Procura di Rimini si erano sempre concentrate sull’omissione di soccorso, ma la famiglia Piccione ipotizzava altre piste, come la morte in conseguenza di altro reato. L’autopsia, fatta dopo che il corpo era stato lasciato al caldo al cimitero in un sacco poiché all’obitorio non c’era posto, restituì una conclusione solo deduttiva di annegamento, contrastata dal fatto che nei polmoni del giovane non vi fosse acqua. "Non escludiamo nessuna pista – precisa l’avvocato Fabbri –, non si tratta più di valutare soltanto un’omissione di soccorso, anche se sarà la Procura a fare le proprie valutazioni al riguardo". "Molto dipenderà dall’esito degli accertamenti sul cellulare – conclude la Fabbri – a seguito del quale contiamo di capire con chi, quella sera, Vadim aveva avuto gli ultimi contatti".