Omicidio di Rimini, la prostituta: "Niang mi ha chiamata, quando l’ho cercato era morto"

La donna sentita più volte dagli inquirenti. Telecamere al setaccio per cercare indizi sugli autori del delitto del 27enne senegalese

La polizia al lavoro

La polizia al lavoro

Rimini, 21 aprile 2018 - L'ultimo appuntamento è stato con la morte. Non con la donna che per quattro, cinque volte Makha Niang, 27 anni, lavapiatti senegalese incensurato, aveva cercato di contattare dall’1,50 di mercoledì, senza però non riuscire mai ad ottenere risposta. Lei, una prostituta, lo aveva richiamato alle 2,03, ma stavolta era stato l’immigrato a non riuscire ad afferrare il suo smartphone, un Galaxy. Era già morto, freddato da due colpi di pistola sparati dall’interno di un’auto che ha rallentato e poi si è dileguata nella notte. Queste sono le uniche certezze di un caso dai contorni ancora tutti da delineare. Makha Niang è morto tra l’1,50 e 2,03, ammazzato da due colpi di pistola, uno dei quali gli ha spaccato il cuore mentre era seduto su una panchina sul lungofiume degli Artisti.

Così gli inquirenti hanno più volte ascoltato la prostituta, il cui numero compare nel cellulare della vittima. «Mi ha chiamato più volte, ma io non potevo rispondere. Poi l’ho cercato e il suo telefono è suonato a vuoto», avrebbe detto agli investigatori la ‘lucciola’. Lei ha anche spiegato che tra di loro non c’era nessun rapporto: «Era un amico occasionale, un cliente». Ma quella conoscenza ‘a pagamento’ potrebbe aver dato fastidio a qualcuno, a qualche altro uomo che ‘ruotava’ intorno a lei. Un altro cliente o il protettore?

li inquirenti non escludono la pista legata alla lucciola, così come non escludono quella casuale, ossia che il lavapiatti sia stato vittima di una sorta di tiro al bersaglio. Le probabilità però appaiono molto fragili. Anche la possibilità di un movente per odio raziale non viene scartato, ma gli investigatori restano molto cauti. Di certo si sa che un testimone, un pescatore, ha udito il rumore dell’arma da fuoco. «Ho sentito due colpi e poi un’auto sgommare via, senza però riuscire a vedere nulla», ha ribadito alle forze dell’ordine subito dopo la scoperta del cadavere. Oltre alla donna, sono stati sentiti gli amici e conoscenti della vittima per tentare di risalire al killer che l’ha freddato.

La polizia sta vagliando tutte le immagini di quella notte ‘maledetta’, immagini rimaste impresse nella videosorveglianza stradale presente nella zona. Un lavoro certosino quello che stanno compiendo gli agenti alla disperata ricerca di un frammento che possa restringere il campo ad un’auto e relativa targa. E propria una di queste telecamere avrebbe immortalato il transito di un’auto scura che avrebbe rallentato vicino alla panchina dove è stato ammazzato Niang con due colpi di pistola. Un colpo, come ha evidenziato l’autopsia compiuta dal professor Fortuni, ha trapassato da spalla a spalla il lavapiatti, spaccandogli il cuore mentre l’altro lo ha raggiunto al tallone. Ed anche per tutta la giornata di ieri gli uomini della Scientifica della Polizia, coadiuvati dai colleghi prima arrivati da Ancona e poi da Bologna, sono tornati sulla passeggiata degli Artisti a setacciare le rive del fiume e i lati della strada sterrata che porta al mare alla disperata ricerca delle ogive, ossia la porzione anteriore dei proiettili di medio calibro che hanno ucciso il senegalese. E ieri sera qualcosa di nuovo potrebbe essere emerso.   

Omicidio di Rimini, c'è un video del momento degli spari

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Ed anche per tutta la giornata di ieri sono continuati i sopralluoghi nella zona del ponte di via Coletti da parte della Polizia scientifica alla ricerca delle ogive partite dalla pistola a tamburo che ha ucciso il giovane senegalese. Ma fino alla tarda serata di ieri non c’era stato alcun ritrovamento.