"Io sono il tuo compagno. E tu mi devi rispettare". Una relazione morbosa, tossica. In cui lui, un uomo di 43 anni, pretendeva di avere il controllo assoluto sulla convivente. Per questo motivo lei non poteva nemmeno vedere le amiche o condividere una foto su Facebook. Nè andare da sola dal meccanico o in banca. E se per caso osava disobbedire agli ordini, erano botte. L’ex compagno della vittima, difeso dagli avvocati Fabrizio Briganti e Sara Arduini dello studio legale Caroli, è stato condannato l’altro ieri dai giudici del collegio di Rimini a 4 anni e 11 mesi di reclusione per maltrattamenti in famiglia, mentre le condotte dopo il marzo 2021 sono state riqualificate in percosse, minaccia e violenza privata. Il tribunale ha inoltre condannato l’uomo per l’accusa più grave, quella di violenza sessuale, assolvendolo invece per un altro capo di imputazione (lesioni personali) e stabilendo un risarcimento di 16.300 euro. La donna si è costituita parte civile al processo, assistita dagli avvocati Mattia Lancini e Martina Maresi. I fatti, avvenuti nel Riminese risalgono a un periodo compreso tra il 2020 e il 2021, quando la relazione tra l’imputato e la vittima, è stata segnata da un clima di costante violenza fisica e psicologica.
Tra gli episodi più gravi figura anche una presunta aggressione a sfondo sessuale: l’uomo, dopo aver avuto una lite con la donna, l’avrebbe afferrata di peso e, nonostante le sue suppliche di fermarsi, l’avrebbe poi costretta a un rapporto. In aula, la donna ha raccontato come lui fosse ossessionato dal controllo del suo telefono e del suo abbigliamento, imponendole rigide regole e punendola con violenza ogni volta che trasgrediva. In un’occasione, l’uomo l’avrebbe spinta con forza a terra, provocandole una frattura a livello sacrale, confermata da referti medici e certificati di pronto soccorso. La donna ha vissuto per mesi in uno stato di costante paura e ansia, come confermato dai rapporti psicologici presentati in tribunale. La situazione è degenerata fino al punto che la vittima, incapace di uscire da questa spirale di violenza, ha deciso infine di chiedere aiuto ai servizi sociali. È stata una segnalazione dell’Ausl, datata giugno 2021, a dare il via alle iindagini condotte dagli agenti della squadra mobile e coordinate dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, che ha portato poi alla denuncia e al processo.
La difesa dell’imputato (pronta a ricorrere in Appello) ha sostenuto che la denuncia fosse motivata da un desiderio di rivalsa personale della vittima, che non avrebbe accettato la fine della relazione, iniziando quindi a tormentare l’ex compagno. La difesa ha inoltre prodotto messaggi vocali e registrazioni che proverebbero l’inesistenza della violenza sessuale. Tesi che però è stata respinta dal collegio giudicante che ha accolto le ragioni della pubblica accusa sulla base di numerosi elementi.