(...) A trent’anni esatti da quella storica serata del 1995, quando la bomba di Andrea Niccolai regalò a Forlì l’A1 strappandola alla Rimini di Carlton Myers, la sfida tra le due “cugine” torna più viva che mai. Ma questa è una rivalità che va ben oltre il parquet. È un fatto culturale. È il confronto tra due città-simbolo che racchiudono due modi diversi di essere romagnoli.
Basta guardare agli aeroporti. A Forlì lo scalo è intitolato a Luigi Ridolfi, aviatore, eroe della Prima guerra mondiale, morto tragicamente a soli 25 anni, ma ricordato per la sua audacia, la sua disciplina e il suo spirito pionieristico. Un simbolo dell’azione, della concretezza, del coraggio silenzioso. A Rimini, invece, si vola nel nome di Federico Fellini, regista visionario, poeta del sogno e della memoria, che ha trasformato la sua città in immaginario universale. Ridolfi e Fellini: due simboli perfetti per rappresentare il cuore pulsante di questa rivalità. Da una parte la disciplina del fare, dall’altra il fascino dell’immaginazione. Entrambi figli della stessa terra, entrambi capaci di volare alto, ma in modo diversissimo.
Ed è così anche sul campo. Da un lato Forlì, organizzata, solida, costruita per arrivare in fondo, dall’altro Rimini, esplosiva, trascinata dal talento e dal ritmo dei suoi protagonisti. Due squadre che si specchiano nelle loro città: simili nella passione, opposte nella filosofia.
Certo, il fatto che saranno solo 200 i tifosi ospiti ammessi per ogni trasferta spegne un po’ la fiamma. Le ragioni di sicurezza sono chiare e legittime, ma si fatica a non percepire una certa amarezza. Perché questi derby vivono soprattutto sugli spalti, nel tifo, nella partecipazione popolare. Sono eventi che meritano la cornice delle grandi occasioni, e limitare il pubblico è un sacrificio, seppur necessario.
Ma anche così, con spalti ridotti e tensioni da gestire, resta una verità assoluta: questo derby è molto più di una semifinale. È la Romagna che si guarda allo specchio. E allora che si apra il sipario: che parlino il parquet, i corpi, le urla, i silenzi. In campo andrà in scena l’ennesimo capitolo di una sfida infinita. E noi ci saremo. Perché il derby della Romagna non è solo una semifinale. È la memoria che si fa presente. È una rivalità che brucia. È la bellezza dello sport che si fa identità.
Carlo Cavriani