Vichy Cristina Rimini, buttafuori a guardia del privè dove la cocaina scorreva a fiumi

Il gip: "Madre e figlia non hanno fatto nulla per fermare lo spaccio"

Cocaina

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Rimini, 3 ottobre 2018 - "Lì dentro è pieno di neve". Ottanta cessioni di cocaina immortalate dalle telecamere in appena due mesi. Il tutto dentro il Vichy Cristina e «sotto gli occhi tolleranti» di madre e figlia, gestori di fatto del ristorante dei vip, di Borgo Marina. Secondo gli inquirenti le due imprenditrici riminesi, indagate per agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti in un locale pubblico (difese dagli avvocati Marco Di Troia e Paolo Righi) non potevano non sapere. Anzi, nell’ordinanza, a firma del giudice per le indagini preliminari, Vinicio Cantarini, si va oltre.

«Lì dentro è pieno di cocaina», raccontavano avventori, vicini di tavolo, a vigili urbani infiltrati come clienti durante i mesi di indagine. ‘Lì dentro’ altro non era che il privè che, stando all’accusa, le due donne avrebbero «adibito e all’interno del quale alcuni clienti fidati mettevano a disposizione cocaina per sniffarla insieme ad altri amici».

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Il tutto con una persona di sesso maschile che fungeva da buttafuori per selezionare l’ingresso al privè dei ‘nasi d’oro’. Ecco, dunque, l’ipotesi di reato di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti in un locale pubblico di cui devono rispondere madre e figlia. «Gli stessi gestori conoscono la cocaina – scrive il gip Catarini nell’ordinanza che ha portato a tre indagati con l’obbligo di firma – in un episodio la più giovane, mentre pulisce uno specchio, si è trovata in bagno con una ragazza che consumava cocaina e che l’ha invitata a farne uso, offerta però subito declinata».

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Madre e figlia non avrebbero fatto nulla per scongiurare il ripetersi dello spaccio, ma una di loro si sarebbe mossa con telefonate (tutte intercettate) agli avvocati per sapere se esisteva un’indagine a loro carico nel tentativo di stopparla. Ma nell’indagine ci sono ben ottanta episodi di spaccio, tutti immortalati dalle telecamere installate dai vigili urbani nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore, Paolo Gengarelli; tutti con la stessa sceneggiatura, cambiavano solo i protagonisti.

Dopo la mezzanotte, quando l’atmosfera si era surriscaldata, in due o tre entravano nel bagno delle donne. ‘Vieni, andiamo di là’. Poi, una volta, in bagno, estraevano dalla tasca la coca, la versavano sullo schermo del telefonino appoggiato sul tavolino, con una scheda in plastica la dividevano in dosi. Poi, dopo aver arrotolato una banconata, a turno, sniffavano la ‘coca’. Venerdì compariranno davanti al gip i primi cinque indagati.