Bonus edilizi, falsi crediti per oltre 1,7 milioni su lavori mai realizzati: quattro indagati per truffa allo Stato

I soldi ricavati con il sistema dei crediti fittizi venivano riutilizzati per comprare case, auto e terreni

I finanzieri rodigini

I finanzieri rodigini

Rovigo, 17 aprile 2024 – Un’ennesima truffa correlata ai bonus edilizi, con fuorvianti ed illecite operazioni seguite da mancate esecuzioni di ristrutturazioni. Tutto questo ha portato nei giorni scorsi la Procura di Venezia a disporre un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza nei confronti di tre persone accusate di truffa aggravata ai danni dello Stato e auto-riciclaggio. Si tratta di rappresentanti legali di quattro società. Nel dettaglio sono stati confiscati disponibilità finanziarie e di beni immobili (un edificio residenziale di tre piani e due terreni agricoli) per un totale di oltre 1,7 milioni di euro. Un provvedimento di sequestro che è stato eseguito sia agli istituti di credito che alla Sogei e che è stato convalidato dal gip del Tribunale di Venezia.

L’indagine

L’azione, diretta alla Procura di Venezia e delegata alla tenenza di Loreo (Rovigo), rappresenta l’epilogo di una complessa indagine. È stato individuato un meccanismo di frode attraverso il quale gli autori avrebbero fruito della cessione dei crediti fiscali in materia di ristrutturazioni e riqualificazioni edilizie per gli ecobonus e bonus facciate. Le indagini, oltre a consentire l’individuazione dei presunti ideatori della frode, hanno permesso d’identificare un ulteriore indagato, rappresentante legale di una società di capitali, a cui erano stati ceduti crediti fittizi per quasi 400mila euro, nonché le società destinatarie dei flussi finanziari a fronte di lavori di ristrutturazione edilizia mai avvenuti.

Crediti fittizi

La truffa ipotizzata sarebbe consistita nel richiedere crediti d’imposta fittizi collegati a lavori di ristrutturazione mai realizzati su immobili di proprietari ignari di tutto, situati in numerose province sul territorio italiano. Ottenuti i crediti richiesti, questi sarebbero stati ceduti a quattro società, spesso di nuova costituzione e create ad hoc, che avrebbero avuto la sede in abitazioni civili o condomini siti in località differenti dal comune di residenza o domicilio dei rappresentanti legali. Tramite queste società, i crediti sarebbero stati commercializzati e monetizzati alle Poste Italiane Spa, per un valore complessivo di quasi 3,5 milioni di euro. Il denaro così ottenuto veniva utilizzato anche per l’acquisto di case, auto e terreni.