Porto Tolle, ecco la nave fantasma del Po / FOTO

Localizzato dopo 74 anni il relitto della San Giorgio

La Regia Nave San Giorgio (Collezione Spazzapan)

La Regia Nave San Giorgio (Collezione Spazzapan)

Rovigo, 28 agosto 2018 - C’è voluta tutta la determinazione di Luciano Chiereghin, un ex dipendente Enel di Porto Tolle con le stimmate di Indiana Jones, per individuare dove fosse finito il relitto della San Giorgio. Regia Nave che i più anziani pescatori del Po ricordavano bene, soprattutto per il pericolo che il suo cannone di prua da 76 millimetri rappresentava nelle loro navigazioni notturne. Dopo 74 anni dall’incauto incagliamento, e un po’ meno dal suo definitivo affondamento, trascinata e sommersa dalla forza del Grande fiume, Chiereghin l’ha ritrovata con estrema precisione. Il relitto della San Giorgio riposa sotto almeno tre metri di sabbia sul fondo del Po su quella che è diventata la spiaggia di Scano Boa, opera naturale creata dal fiume negli ultimi quarant’anni nella sua corsa verso l’Adriatico. E proprio l’Adriatico fa da sfondo all’intera storia del San Giorgio.

Costruito nel 1914 nei cantieri dello Stabilimento Tecnico Triestino per conto della Società Anonima di Navigazione a vapore Istria, quando Trieste era la seconda città dell’Austria e la terza dell’Impero asburgico, nasce come piroscafo civile a uso trasporto misto, ma i venti di guerra che in quegli anni spirano sempre impetuosi gli assegneranno qualche anno dopo una nuova vita. Lungo 54 metri, largo 8, per 363 tonnellate di stazza lorda e spinto da un motore da 960 cavalli, la penuria di armamenti in Alto Adriatico lo mette nel mirino degli ammiragli della Regia Marina italiana che nel 1940 se ne impossessa e a Venezia lo trasforma in un pattugliatore, all’occorerrenza buono anche come posamine.

Ancora memori delle sue scorribande sulle isole dalmate, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, i tedeschi lo requisicono per pattugliare la costa che va da Venezia ad Ancona. Gli danno un nuovo numero, ma il nome di battesimo – San Giorgio – quello non si tocca. Solo che i marinai della Marina militare tedesca sono meno assuefatti a navigare sotto bora, il forte vento che spira da nord-est e detta legge in Alto adriatico. È infatti una violenta mareggiata di bora a spaventare il sottotenente di vascello Wienbek che nella notte del 12 febbraio 1944 ordina al suo equipaggio di portare la San Giorgio in un ramo del delta del Po in attesa che passi la bufera. Solo che la manovra non riesce e la San Giorgio finisce incagliata in meno di tre metri di fondale del ramo del Po di Pila: poco dopo comincia a inclinarsi perisolosamente di lato.

I 52 uomini d’equipaggio si salvano tutti e nei giorni successivi hanno il tempo di recuperare armi e bagagli. Di più: ingaggiano anche qualche giovane locale per recuperare sott’acqua il prezioso carbone custodito nelle stive del pattugliatore. Fa freddo e l’economia di guerra ha la sua regola d’oro: non si butta via niente.

In uno slancio di generosità i tedeschi permettono anche ai pescatori del Delta di saccheggiare quel che resta del San Giorgio. Loro non se lo fanno ripetere due volte, ma il cannone di prua – costruito nel 1887 – quello non riescono proprio a portarlo via. Per un po’ il cannone di prua rimarrà simbolo e segnale del relitto, finché nel 1967 non verrà fatto saltare in aria dalla Marina militare che raccolse le proteste dei troppi pescatori che ci avevano lasciato la barca perché troppo a pelo d’acqua.

Poi del relitto si perde ogni traccia: tra la forza del fiume, lo spostamento del fondale, i continui bradisismi dovuti all’estrazione del metano nel delta, la San Giorgio sparisce alla vista, da ogni radar, ma soprattutto dalla memoria: nessuno sa più che fine abbia fatto e dove sia di preciso. Settantaquattro anni dopo ci ha pensato il georadar di Chiereghin a riportarlo alla luce e alla memoria collettiva.