Viaggio nella magia dei teatri

Mostra su questi luoghi di cultura a Palazzo Roncale, taglio del nastro a marzo. Alla regia Fondazione Cariparo

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Ricomincia dai teatri, scrigni di storia del Polesine, il cammino verso la normalità della cultura. Il primo passo lo muove ancora una volta la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con una mostra, a cura di Maria Ida Biggi e Alessia Vedova (progetto di Sergio Campagnolo) dedicata proprio a questi luoghi simbolo della cultura. L’esposizione, che si intitola ‘Quando Gigli, la Callas e Pavarotti. I teatri storici del Polesine’, si terrà a Palazzo Roncale, il taglio del nastro a marzo quando tutti si augurano che si saremo lasciati dietro le spalle l’incubo della pandemia. La passione per l’opera, il teatro, la musica, il balletto erano (sono) di casa nel Polesine. Non solo nella città capoluogo, Rovigo, ma in tutto il territorio. Basti pensare che c’è traccia documentata di almeno una cinquantina di teatri, attivi anche in paesini di poche anime, persi nel Delta del Po. Un fenomeno che per capillarità di presenze, in un territorio marginale e complesso com’era quello del Polesine, è davvero unico. Teatri nati, quasi tutti, dalla volontà di gruppi di privati che si sono tassati per costruirli e poi per sostenerne l’attività. Soprattutto musicale, quasi gareggiando l’un l’altro per poter ingaggiare le migliori compagnie o per mettere in scena proprie ‘produzioni’, come si direbbe oggi. Proprio perché derivano di una “società” di persone, presero il nome di teatri sociali. Della stragrande maggioranza di questi luoghi di cultura non resta che la memoria negli archivi. La grande crisi, che già aveva cominciato a mordere da tempo, si fece drammatica nel Novecento, quando il Polesine visse una delle sue epoche più difficili. Il substrato sociale che aveva voluto e sostenuto questi teatri si era via via indebolito e sfaldato. Molti di queste strutture vennero abbandonate o abbattute, altre trovarono una sopravvivenza, anch’essa effimera, come cinema. Poi il buio. Oggi, di questo straordinario patrimonio, sono ancora in vita il Sociale di Rovigo, innanzitutto, il Comunale ed il Ferrini ad Adria, e quelli di Badia Polesine, Castelmassa – dove sono in corso i lavori di restauro –, Lendinara e quello liberty di Loreo. Fondamentale per la sopravvivenza e il futuro di questi luoghi si è rivelato il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Da qui nasce quindi l’idea della mostra, un viaggio tra palchi, loggioni e sipari che si dipanerà la primavera prossima nelle sale della mostra a Palazzo Roncale a Rovigo. La loro è una storia costellata di grandi debutti, di prime di opere poi diventate celebri, di piccole grandi vicende che sono parte della storia italiana della musica e del costume. Una storia che rivive in un cammino per far risorgere l’arte e la cultura calpestate durante la pandemia. Non finisce qui. Si annuncia una stagione di grandi mostre. A Palazzo Roverella, la primavera sarà riservata ad “Arte e musica. Dal Simbolismo alle avanguardie”, un’esposizione di vasto respiro sulle molteplici relazioni tra queste due sfere espressive, dalla stagione simbolista fino agli anni Trenta del Novecento. L’autunno sarà invece riservato alla fotografia, con una originale monografica di Robert Doisneau, alla ricerca degli attimi di felicità che egli ha saputo catturare nelle sue immagini. A Palazzo Roncale, in autunno, “Giovanni Miani. Il leone bianco del Nilo”: per la prima volta la storia di un Indiana Jones dell’Ottocento, l’uomo a cui venne impedito di intestarsi la scoperta delle sorgenti del Nilo.

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Giorgia Brandolese