Venezia, 16 novembre 2023 – #GiuliaCecchettin. Nel quinto giorno di ricerche della 22enne, scomparsa con l’ex fidanzato Filippo Turetta sabato sera, su X (ex Twitter) l’hashtag con il suo nome diventa virale e si fa simbolo. Simbolo di sogni infranti, quello della laurea che oggi Giulia avrebbe dovuto sostenere; di rabbia, quella nei confronti dell’ex ragazzo che l’avrebbe rapita (si pensa infatti che Filippo l’abbia costretta a fuggire, caricandola sulla sua auto); ma anche di impotenza in riferimento al fatto che i due ragazzi non si riescano a trovare.
“Oggi Giulia si doveva laureare”, scrive una ragazza sulla piattaforma social, corredando il post con l’hashtag #GiuliaCecchettin, appunto. “Io, di fronte questa storia, "non posso fare nulla". Mi sto per laureare, e questa giornata di studio la dedico a lei. Non posso fare nulla, ma posso impegnarmi per la mia libertà. La libertà nello studio, la libertà di noi donne”.
“Il fatto che tutti speriamo in un finale diverso dando per scontato che in realtà ci aspettiamo il peggio mi fa stare male. Spero davvero che Giulia riesca a leggere tutti quei messaggi sotto il suo ultimo post”, posta un’altra.
Parole tristi, ma che nascondono anche disappunto: quello che nasce nei confronti di una vicenda su cui non si può fare altro che aspettare le ultime notizie. E poi fastidio e polemica verso il ragazzo che pare essere il rapitore.
“No, i ragazzi di quell’età non sono come li descrive lei”, scrive un utente commentando l’articolo di un giornale in cui si riportano queste parole del padre di Filippo: “Mio figlio a volte era un po’ possessivo, ma non in modo patologico come lo descrivono. Era geloso come lo sono i ragazzi a quell’età, non in modo da farci allarmare”.
E si controbatte nel post: “Io sono geloso, non sono possessivo con la mia ragazza. Io sono felice dei suoi traguardi, non sono invidioso”. “#giuliacecchettin è l’ennesima vittima di un sistema che piuttosto di educare l’uomo, colpevolizza e abbandona la donna”, denuncia un altro profilo.
E poi queste ricerche che non trovano risultato, questa attesa snervante col timore sempre presente di un finale che non si vorrebbe conoscere.
“Come è possibile che quella macchina non sia ancora stata bloccata”, si chiede qualcun altro. “Basta che pensi una cosa a voce alta e te la ritrovi pubblicata ovunque. Poi però non si riesce a rintracciare un'auto”, si commenta ancora.
Tutti messaggi che trasformano Giulia Cecchettin nel simbolo di un malessere che pervade la società, giovani, genitori, donne e uomini. Quasi un grido di aiuto.