Morì dopo l'intervento, chiesta l’archiviazione per i medici. I familiari: «Noi non ci arrendiamo»

Un anno fa la morte dell’immobiliarista Gaetano Lamburghini: «Chiediamo la verità»

Moglie e figli di Gaetano Lamburghini presenteranno opposizione contro la richiesta di archiviazione

Moglie e figli di Gaetano Lamburghini presenteranno opposizione contro la richiesta di archiviazione

Ferrara, 22 giugno 2015 - E’ stata richiesta in questi giorni l’archiviazione per venticinque fra medici e infermieri dell’ospedale di Cona, indagati dal luglio 2014 per la morte dell’immobiliarista Gaetano Lamburghini, deceduto a 66 anni per le complicanze di due interventi chirurgici. Il pubblico ministero Giuseppe Tittaferrante, titolare dell’inchiesta, ha ritenuto infatti probanti le conclusioni del consulente dell’Azienda Ospedaliera, il medico padovano Massimo Montisci.

Ma la moglie di Lamburghini, Carla, ed i figli non depongono le armi, ed assistiti dall’avvocato Dario Bolognesi annunciano l’opposizione contro la richiesta di archiviazione del pm, nella convinzione «che la morte del nostro familiare non possa essere rubricata come una semplice fatalità, e che quanto meno dovrebbe essere consentito un dibattimento che accerti, attraverso la discussione delle consulenze, la verità di quanto accaduto». Gaetano Lamburghini, entrato all’ospedale di Cona il 18 giugno dello scorso anno per essere sottoposto «ad un’operazione, a detta dei chirurghi, piuttosto comune e di non particolare complessità – affermano i familiari dell’immobiliarista –, è morto invece dopo tre giorni per una gravissima infezione insorta, secondo quanto sostengono i nostri consulenti, proprio per le procedure adottate nel corso degli interventi». Per questo motivo i familiari di Lamburghini ed il legale non si arrendono: «Chiudere il procedimento in sede di indagini preliminari fa permanere dubbi e incertezze. Noi non invochiamo una condanna, ma chiarezza e verità; non è pensabile che in un ospedale pubblico, e per un intervento di prevenzione nel quale, per ammissione degli stessi sanitari, non era in gioco la vita del paziente, una persona sana e senza gravi problemi sia deceduta in modo repentino ed inspiegabile, a causa di uno shock settico».

Di qui l'appello ai giudici perché la vicenda che l’anno scorso ha suscitato vasta eco per la notorietà del protagonista, «non sia chiusa frettolosamente ed in modo acritico con un’archiviazione basata soltanto sulla lettura delle carte e non piuttosto su un confronto più approfondito – conclude Carla Lamburghini –. Non lo merita mio marito, non lo merita neppure un ospedale pubblico che dovrebbe essere il luogo in cui oltre alla buona sanità devono essere garantite anche verità e giustizia».