Incubo Blue Whale, la dottoressa: "La ragazza ha cercato aiuto disperatamente"

La tredicenne ora ricoverata sta meglio

Le sfide della Balena Blu (foto repertorio)

Le sfide della Balena Blu (foto repertorio)

Ancona, 24 maggio 2017 - La sindrome della ‘Balena azzurra’ sta iniziando a colpire anche l’Italia. Dopo un caso sospetto a Livorno, quello invece confermato di Pescara dove una ragazzina di 13 anni che chiameremo Elisa (nome di fantasia), sarebbe arrivata molto vicino alla conclusione del drammatico e assurdo gioco online. Un gioco composto da una serie di regole, 50, da seguire alla lettera per far parte del gruppo. Dall’altra parte del terminale, menti malate capaci di mettere in campo una trovata diabolica. Elisa è stata salvata prima che fosse troppo tardi e, nella tarda serata di mercoledì scorso, è stata trasferita all’ospedale pediatrico-infantile Salesi. Accompagnata dalla polizia, prima è transitata in pronto soccorso, poi il trasferimento nel reparto di neuropsichiatria infantile diretto dalla dottoressa Nelia Zamponi. Una struttura ospedaliera unica nelle Marche che attira tanti pazienti anche da fuori regione, come nel caso della 13enne, che tratta casi delicati, fiore all’occhiello della sanità anconetana. Per i medici del reparto, primario compreso, si è trattato del primo caso di ‘Blue Whale’, sebbene siano tanti quelli, altrettanto delicati, legati ai disturbi dell’infanzia. Ne abbiamo parlato direttamente con la dottoressa Zamponi, anche per fare chiarezza e mettere un punto. 

Dottoressa Nelia Zamponi, innanzitutto, come sta la 13enne?

«Bene direi, in questo momento è abbastanza serena e non presenta alcuna problematica evidente».

Cosa resta di quella drammatica esperienza?

«E’ perfettamente in grado di capire cosa le è accaduto, cosa ha fatto e credo, soprattutto, perché l’ha fatto. Ripeto, ha le risorse per uscirne, è aderente alla realtà ed in grado di giudicare i suoi comportamenti. per quanto riguarda le ferite sul corpo si tratta di poca cosa».

Quale sarà il suo percorso, almeno in questa fase post-emergenziale?

«Stiamo portando avanti un programma ben preciso a cui lei si sta adeguando. Viste le sue condizioni generali, presto potrebbe essere dimessa».

Cosa intende per presto?

«Anche giorni. L’importante sarà ricreare una rete protettiva adeguata per affrontare questa prima fase, molto delicata. Su questo, assieme alla famiglia, si sta lavorando».

Secondo lei, Elisa preparava un gesto definitivo o era un atto dimostrativo?

«Difficile dirlo. Certo, ci sono dei particolari che mi fanno propendere più per la seconda ipotesi. I giovani cercano aiuto e alcuni dettagli della storia, come il pc lasciato aperto, mi fanno pensare che lei cercasse un appiglio. Voleva mettere alla prova se stessa e la sua famiglia».

Quanto conta la giovane età in questo processo?

«In questo, come in altri casi, ha contato tantissimo».

Quello di Elisa è il primo caso del genere che avete trattato qui in reparto?

«Sì, non ci era mai capitato nulla di simile in passato. Ho letto da qualche parte che sia prima che dopo siano arrivati qui altri casi, addirittura tre o quattro. Smentisco categoricamente. Inoltre non abbiamo attivato alcuna unità di crisi».

Eppure il disagio giovanile è ben lungi dall’essere legato a questo gioco assurdo sul web, non è così?

«Esatto. Fenomeni di autolesionismo sono accaduti e continueranno ad accadere. Si legano tutti a problematiche adolescenziali, come ad esempio i disturbi alimentari, la depressione».

Qual è il trend dei casi che arrivano nel vostro reparto?

«Purtroppo in aumento. Nelle famiglie moderne c’è maggior disagio sociale e povertà culturale. Trattiamo adolescenti soli, con famiglie mononucleari, ma i deficit colpiscono anche le cosiddette famiglie ‘normali’. Le dipendenze sono in crescita anche tra i più giovani».

Cosa intende?

«Per dipendenze non si deve più considerare soltanto alcol e droga, ma anche il gioco e la dipendenza da video e computer».

Quale importanza ha il concetto della trasgressione?

«Molto alta. I giovani oggi sembra debbano staccarsi dai genitori, dalla famiglia, vivere la loro vita parallela, virtuale e non più reale. La trasgressione è in questo senso. Le famiglie di oggi sono diverse dai nostri tempi. Quelle di un tempo, patriarcali, erano protettive, oggi non ci sono più difese».