PIERFRANCESCO CURZI
Cronaca

Con la Caritas verso il Montenegro. Ecco la rotta balcanica dei migranti

Delegazione partita da Ancona: ci sono i direttori dei centro di Jesi e della diocesi di Ancona-Osimo

Con la Caritas verso il Montenegro. Ecco la rotta balcanica dei migranti

Con la Caritas verso il Montenegro. Ecco la rotta balcanica dei migranti

Approfondire i temi legati alla ‘rotta balcanica’, rafforzare i legami con il territorio e avviare contatti per future cooperazioni. La Caritas delle Marche e il viaggio in Montenegro. Si chiude un percorso iniziato nel 2022 dalla delegazione della Caritas regionale dedicato ai Balcani. Due anni fa la formazione e l’esperienza di 12 giovani marchigiani in visita ai campi e ai centri di accoglienza della Bosnia (Sarajevo e Bihac); ora il gruppo di lavoro partito dal porto di Ancona mercoledì scorso e da domani il trasferimento a Belgrado, capitale della Serbia, prima di un passaggio a Trieste e il ritorno ad Ancona. La delegazione partita dal capoluogo dorico è composta da Marco D’Aurizio, direttore della Caritas di Jesi e delegato Caritas Marche, Simone Breccia, direttore Caritas Ancona-Osimo, e da due giornalisti, Laura Mandolini di Senigallia e Marco Sprecacè di San Benedetto del Tronto. In questi giorni trascorsi in Montenegro, la nostra delegazione Caritas ha incontrato i colleghi delle due diocesi del Paese che ha raggiunto l’indipendenza dalla Serbia soltanto nel giugno del 2006, quella di Kotor (Cattaro) e quella di Bar: "In Montenegro la chiesa cattolica ha circa 30mila adepti (circa il 5% del totale, con la maggioranza di religione ortodossa, ndr.) _ spiega Marko Jelovic, a capo della Caritas di Bar _. Il sostegno ai migranti è sempre stato uno dei punti chiave della nostra attività, ma dal 2022 il grosso dell’attenzione si è rivolto soprattutto ai profughi ucraini che in Montenegro hanno superato le 80mila presenze. Oggi ce ne sono circa 30mila, di cui 2500 sono qui a Bar e Caritas fornisce sostegno abitativo ed economico quando possibile. Aiutiamo gli ucraini anche sotto il profilo sanitario, la scuola per i bambini e così via". I rapporti tra la chiesa cattolica e gli altri credi in Montenegro sono abbastanza buoni: "Il rischio di un’escalation drammatica come accaduto negli anni ‘90 in Bosnia e in Kosovo è impossibile _ spiega l’Arcivescovo di Bar, Monsignor Rrok Gjonlesshaj, originario proprio del Kosovo _, anche se la crescita dei rapporti ecumenici tra noi, gli ortodossi e i musulmani non hanno fatto troppi progressi. La collaborazione con la Caritas italiana e con l’Italia in generale è molto importante e la vostra presenza qui è un ottimo inizio". La delegazione anconetana della Caritas ha visitato il centro di accoglienza per migranti di Podgorica che mette a disposizione 104 posti e in dieci anni, da quando è stato attivato, ha accolto oltre 20mila stranieri: "In questi giorni ci sono 32 ospiti da Iran, Marocco, Algeria, Russia, Armenia, Camerun _ spiegano due funzionarie del centro _. Tra loro ci sono anche 5 transgender. Il numero dei migranti di passaggio cambia di giorno in giorno perché il Montenegro è un paese di passaggio. Qui possono richiedere asilo e protezione internazionale, spesso chi deve passare oltre non aspetta neppure l’esito. Solo chi commette reati finisce in carcere, ma non esiste il reato di clandestinità". Davvero particolare la realtà di Tivat, cittadina di 16mila abitanti, la più ricca del Montenegro: "Qui ospitiamo russi e ucraini benestanti che prima della guerra avevano acquistato case e proprietà qui _ racconta il sindaco, Zeljko Komnenovic _. Gente molto ricca. La guerra per loro non è un problema, vanno tutti d’accordo, russi e ucraini. A Tivat stiamo realizzando grandi progetti infrastrutturali e turistici grazie a finanziatori da Dubai e dalla Svizzera". A Tivat ad avere la peggio sono i cittadini locali più poveri: "Ogni giorno prepariamo 70 pasti caldi per i bisognosi, per chi non riesce ad arrivare alla fine del mese con stipendi e pensioni bassi" commenta il direttore della Caritas di Kotor, Zeljko Paskovic.