"La nostra battaglia contro le gabbie"

Doppia intervista ad Antonio Rezza e Flavia Mastrella in scena questa sera al teatro La Fenice di Senigallia

"La nostra battaglia contro le gabbie"

"La nostra battaglia contro le gabbie"

Antonio Rezza e Flavia Mastrella tornano nelle Marche. E già questa è una notizia. In più lo fanno portando uno straordinario spettacolo come "Hýbris", finora visto nella nostra regione solo una volta, ad Ascoli. L’appuntamento, imperdibile, è per questa sera (ore 21) al teatro La Fenice di Senigallia, dove il geniale artista ‘vivrà’ come sempre l’habitat creato dall’inseparabile collega, scenografa e scultrice. "Hýbris" è la parola greca che indica l’orgogliosa tracotanza dell’uomo che pensa di poter sfidare gli dei, di ribellarsi contro l’ordine costituito.

Rezza, perché questo titolo? "Come spesso accade, i nostri titoli sono dei pretesti sonori, anche se poi, quasi per caso acquistano un significato per lo spettacolo. La tracotanza non è però rivolta verso un dio, ma verso se stessi, contro l’essere umano".

Nella presentazione si parla di ‘gabbie’ che il mondo ci impone, come la famiglia.

"Le gabbie non sono mai positive. L’essere umano spesso se le costruisce da solo, per libera scelta. Io non credo nelle gabbie, così come in tutti i circoli chiusi, che per me sono il male. La mafia, ad esempio, cos’è, se non l’esasperazione di un circolo chiuso?".

Le gabbie saranno rappresentate a livello scenografico? "No, sul palco c’è solo una porta che si apre e si chiude sul nulla. Si può stare dentro o fuori. Nel caso della pandemia è lo Stato ad aver deciso chi poteva stare dentro o fuori. In quel periodo sono state fatte delle prove tecniche di sottomissione. La verità è che stanno cancellando un Paese".

Intanto c’è chi vorrebbe cancellarli sul serio certi Paesi...

"Riguardo all’Ucraina, chiunque parli di inviare armi inneggia alla violenza. La guerra l’hanno provocata gli americani, che fanno finta di rimproverare Israele per la strage che si sta compiendo a Gaza. Sono sempre loro, gli americani, il grande problema".

Ha ripetuto più volte che lei mette in scena innanzitutto la sua libertà. Ma non è facile essere liberi, come ammonivano gli esistenzialisti.

"La libertà la puoi pagare a caro prezzo. Se sei libero sei più felice, ma non è una scelta semplice. E’ scomoda".

Mastrella, che cosa rappresenta la ‘sua’ porta?

"E’ un oggetto che ha perso il suo significato. Come l’espressione ‘cabina di regia’. Prima del Covid la si usava alla Rai, o durante le riprese di un film. Dopo, la politica ne ha capovolto il significato. Stanno cambiando i connotati alle cose, e noi non ce ne accorgiamo. Io l’ho vissuto sulla mia pelle, durante la pandemia".

Un esempio di tracotanza?

"La tracotanza è quella dell’uomo che si sostituisce a dio. Antonio impersona un superuomo che impone a una famiglia molto ‘ristretta’ quello che deve fare. ‘Hýbris’ è uno spettacolo piuttosto amaro, rispetto agli altri, anche se si ride tantissimo". Trovare spazi di libertà dove poter esprimere opinioni e idee diverse è sempre più difficile. La speranza riposta in internet è andata delusa?

"Il web è troppo dispersivo. Se cerchi qualcosa ti perdi. E molte notizie viaggiano sempre verso gli stessi indirizzi. Anche questa è falsa informazione. D’altronde in Italia c’è una situazione culturale che viene imposta ai più. Così come a livello europeo ti impongono una certa cultura. Parlo dei bandi per i progetti artistici. Se vuoi prendere quei soldi devi fare a modo loro".