
di Alberto Bignami
Già dalle foto scattate da Emilio Corsini, nelle quali veniva rappresentata un’Ancona dei primi anni del Novecento, il piccione era un animale che già allora animava quelle immagini andando sempre a braccetto con la città. Negli anni però, il numero è aumentato esponenzialmente al punto da diventare un vero e proprio problema tanto che lo stesso Comune, già nell’agosto del 2002, con l’ordinanza numero 208 firmata dall’allora sindaco Fabio Sturani, imponeva i primi divieti quali quello di "Somministrare alimenti di qualsiasi tipo e in qualsiasi forma ai piccioni in tutto il territorio comunale". Il divieto, ancora in vigore, era motivato dal fatto che "al problema direttamente sanitario si aggiunge un rilevante problema igienico derivante dalla produzione continua di guano, evidentemente dannoso per la città e i suoi abitanti, oltre che per la tutela dei beni di interesse storico ed artistico".
Il guano di piccione non risparmia infatti niente e nessuno; inoltre, a ciò va aggiunto anche il fatto che erano stati evidenziati "problemi sanitari, in parte consistente delle popolazioni di piccioni presenti". Molti di questi colombi risultavano, e risultano tuttora, malati. Il guano è presente ovunque: dai portici di piazza Cavour e Archi fino agli atri o i balconi dei condomini tanto che anche l’amministratore Marco Cimarelli sottolinea come questo sia "un evidentissimo e gravissimo inconveniente igienico – spiega – oltre che un danno economico per i condòmini per via delle onerose spese che si trovano ad affrontare per fare applicare degli aghi, delle reti anti piccioni, per giunta manufatti che, ciclicamente debbono essere manutentati se non addirittura sostituiti, con ulteriore aggravio di spesa". Ecco che "c’è da chiedersi se ciò, per la Pubblica amministrazione, è un modo di intendere e rispettoso degli interessi dei propri cittadini che dovrebbero rappresentare".
Il fatto è che il Comune si è interessato… ma qualcosa è andato storto per diverso tempo. Tolta la parentesi dell’utilizzo di un falchetto ‘cacciapiccioni’, durata poco e dall’aspetto forse più folcloristico che altro, c’è da dire che le apparecchiature per allontanare i columbidi ci sono e anche in abbondanza… ma non erano funzionanti. Ben 23 (come riporta la Determinazione del dirigente comunale numero 1816 del 15102020 – Direzione Manutenzioni – a firma di Corrado Albonetti, ndr) sono gli impianti montati per i quali, emerge, "non è stata effettuata la corretta e puntuale gestione, monitoraggio e manutenzione ordinaria. Risultano esserci i seguenti impianti antipiccioni non funzionanti alla data del 18102019" con, di seguito, l’elenco. Impianti collocati al Viale, al Mercato delle Erbe, in piazza Cavour, alla biblioteca e alla pinacoteca comunale; chiesa di San Domenico, alla Mole e sullo stesso palazzo del Comune oltre che ad ulteriori punti. Nella Determina si chiedeva dunque di approvare i "lavori di ripristino degli impianti antipiccioni", tutto questo dopo che la precedente ditta (alla quale sono stati chiesti i danni) non aveva adempiuto ai propri doveri facendo sì che il Comune decidesse per una nuova ditta: la Cpm Gestioni Termiche Srl che ha tuttora l’incarico e che si sta rimboccando le maniche poiché "a seguito di numerosi sopralluoghi, sono state effettuate prove di avviamento degli impianti, prove di presenza tensione, di generazione impulsi e si è constatata la necessità di sostituire alcune parti di impianto e la pulizia dei conduttori dal guano". Nel luglio scorso, il Comune ha chiesto dunque un preventivo alla Cpm che ora dovrà lavorare per rimettere in funzione ciò che, per oltre un anno, non ha funzionato facendo aumentare anche il numero degli esemplari.