
"Le palestre avranno una settimana per adeguarsi o chiude il settore". L’ultimatum del premier Conte per adeguarsi ai protocolli di sicurezza anti Covid-19 ha scosso i centri fitness. Non che i titolari delle palestre abbiano preoccupazioni particolari dato che, anche dalle interviste del Carlino, è emerso che si sta attenti a ciò già da immediatamente dopo la fine del lockdown. Però, quello che si respira è uno stato d’ansia. Ansia che, nonostante fosse perfettamente in regola, ha provato il presidente della Conero Wellness, Davide Tucci che, in una lettera aperta, esprime quelle sensazioni che oggi prova e che sono riferite ad una preoccupazione per quello che sarà il loro futuro. Preoccupazioni che, probabilmente come altri colleghi, provava già ancor prima che Conte iniziasse a parlare.
"Mi sono trovato ad attendere il discorso per sapere che destino ci sarebbe toccato in sorte: chiudere o restare aperti – dice – Dal mio personale punto di vista, ero praticamente certo che la risposta sarebbe stata quella di chiudere, ma con piacere sono stato smentito: ho pensato che, finalmente al settore del fitness e wellness fosse attribuito quel ruolo di prevenzione e socialità che giornalmente svolge con serietà. Socialità per come può essere intesa ai tempi del Covid, ovviamente, nel rispetto di tutti i protocolli necessari da parte nostra, e che siamo costretti ad imporre anche ai frequentatori del centro, cambiando in parte quelle che erano le abitudini". Così, come tanti altri operatori del settore "ci siamo adoperati sin dal primo giorno di chiusura, l’8 marzo, per organizzare la riapertura in modo sicuro e nel rispetto di tutti i protocolli messi a disposizione da Governo, Regioni e Federazioni Sportive. Protocolli e norme che spaziavano dal numero massimo di utenti per ambiente, al distanziamento delle attrezzature, all’utilizzo di prodotti e macchinari per l’igiene e la sanificazione quotidiana, alle piattaforme per prenotazioni, alla riorganizzazione delle mansioni dei collaboratori. Una serie di sforzi organizzativi e logistici – continua – che ci hanno consentito di garantire il rispetto delle regole. Dare garanzie – spiega – significa accettare un incremento dei costi e allo stesso tempo una forte contrazione dei ricavi immediata e futura".
Ecco che qui arriviamo al punto: "Molti operatori del settore si sono indebitati per effettuare gli investimenti necessari a rendere le nostre strutture più sicure e più piacevoli per l’utente, ma anche per avere la liquidità necessaria a traghettare i nostri centri sportivi verso quella che necessariamente è diventata una fase di forte incertezza. Tuttavia mi rimane un dubbio – prosegue – venerdì abbiamo avuto l’Asur per una ispezione Covid, superata con esito decisamente positivo. Ma la domanda che rimane è: se, al termine di questa settimana, si dovesse rilevare che in Italia ci sono operatori che non hanno voluto o potuto adeguarsi ai protocolli e si dovesse decidere di sospendere l’attività di palestre e piscine sull’intero territorio nazionale, nonostante gli investimenti fatti, i debiti contratti, le rigorose procedure interne attuate, se tutto questo non fosse riconosciuto a causa dell’operato di alcuni, perché – conclude – adoperarsi se non possiamo essere artefici del nostro destino?".
Alberto Bignami