Sequestrata dall’ex: "Se urli ti ammazzo"

L’incubo di una donna: picchiata e minacciata per un giorno con un paio di forbici puntate alla gola. Un 49enne finisce a processo

Sequestrata dall’ex: "Se urli ti ammazzo"

Sequestrata dall’ex: "Se urli ti ammazzo"

La cerca per tutta la città e dopo averla trovata, la trascina a forza di schiaffi e tirate di capelli fino a casa sua, dove la tiene segregata per un giorno intero. Ore terribili per una 30enne, costretta a subire percosse e minacce con un paio di forbici puntate alla gola. "Se urli ti ammazzo", le avrebbe ripetuto per evitare che chiedesse aiuto. Ventiquattro ore d’inferno alla fine delle quali l’ha lasciata andare ridotta uno straccio con ecchimosi in tutto il corpo e il naso rotto. La vittima si è recata in ospedale per farsi medicare e da lì è partita la denuncia, che ha fatto finire a processo l’aggressore, un 49enne italiano residente in città, per sequestro di persona, lesioni aggravate e minacce. L’uomo, ieri, è stato rinviato a giudizio dalla giudice Francesca De Palma e il dibattimento si aprirà il 18 ottobre. Tra l’imputato e la vittima c’era stata in passato una relazione sentimentale caratterizzata da molti alti e bassi. La coppia aveva anche convissuto insieme per un periodo, ma poi la donna se ne era andata di casa e aveva deciso di troncare. Il 49enne non si sarebbe mai rassegnato alla fine della love story e ha sempre continuato a cercarla, anche con insistenza. La chiamava, la raggiungeva nei luoghi frequentati da lei, cercava le sue amiche per sapere dove si trovasse. Lei non si faceva trovare e avrebbe cercato di vivere una vita nuova senza di lui. Una sera di maggio dell’anno scorso, l’uomo ha iniziato a chiamarla, ma la ex lo ha ignorato ancora perché voleva essere lasciata in pace. Lui ha iniziato a cercarla per Jesi. Dopo tanto vagare, l’ha rintracciata e avvicinata con una scusa. È stato l’inizio dell’incubo. Stando alle accuse, il 49enne l’avrebbe aggredita con schiaffi e pugni, tirandola per i capelli e portandola così fino alla propria abitazione, a poca distanza da dove l’aveva rintracciata. Una volta in casa, lui avrebbe afferrato un paio di forbici appuntite e gliele avrebbe puntate alla gol, minacciandola di usarle e farle del male se solo avesse fiatato. "Se urli sei morta", le avrebbe detto premendo con la punta sul collo. La donna è rimasta in silenzio, temendo per la sua vita. Le forbici sarebbero state usate poi per tagliale i capelli, come segno di sfregio. Per tutta la notte lui l’avrebbe percossa, in tutto il corpo, strattonandola da una stanza all’altra e tirandola per i capelli. Con un pugno l’avrebbe colpita in viso rompendole il naso e facendole riportare una prognosi di trenta giorni. Solo il giorno dopo, a seguito delle suppliche dalla vittima, l’avrebbe lasciata andare. Qualcosa però sul racconto dell’aggressione potrebbe non tornare. Perché tanta violenza? Potrebbe esserci dell’altro non riferito dalla donna? La vittima non si è costituita parte civile. L’imputato nega le accuse ed è intenzionato a dimostrare la propria estraneità ai fatti.