"Tranquilli, si chiama Cabaret ma è la mia satira paradossale"

Intervista a Filippo Giardina che questa sera sarà allo Sperimentale di Ancona dalle 21.

"Tranquilli, si chiama Cabaret ma è la mia satira paradossale"

"Tranquilli, si chiama Cabaret ma è la mia satira paradossale"

Dal 2001 porta i suoi spettacoli di stand-up comedy nei maggiori teatri italiani. E di solito li riempie. Cosa non consueta per chi fa satira vera, senza ammiccamenti e facili ‘concessioni’. Filippo Giardina questa sera (ore 21, biglietti 26,45 euro; online su www.ticketone.it) sarà allo Sperimentale di Ancona con "Cabaret", il suo undicesimo monologo teatrale, presentato come "un viaggio paradossale tra passato, presente e futuro condito da cattiverie gratuite e ingiustizie lessicali, che vuole prendere le distanze dalla comicità banale e improvvisata", rivendicando "l’appartenenza alla storica tradizione della letteratura orale".

Giardina, chiariamolo, ‘cabaret’ è solo il titolo. Lei non è impazzito, vero?

"E’ una provocazione. La realtà è che la stand-up sta sempre più assomigliando al vecchio cabaret. Il pubblico si è allargato, e come sempre il genere si è imbastardito. Quando io avevo vent’anni non pensavo neanche che ci fosse un tipo di comicità diversa. Oggi, a cinquanta, certe cose, come l’andare in televisione, non mi riguardano più. C’è sempre più gente che viene a vedermi dal vivo. Intanto i nuovi stand-up comedian mettono i loro spettacoli per intero su Youtube. Io lo faccio fin dagli inizi della carriera".

Lei ha ‘criticato’ anche l’indignazione. Cosa intendeva dire?

"L’indignazione è passata dall’essere uno strumento di lotta e contestazione a un mezzo per chiudersi nella propria bolla di convinzioni e certezze incrollabili. Il perbenismo e il bigottismo stanno diventando valori positivi e la libertà di espressione deve sottostare, impaurita, a una dilagante e infantile permalosità".

Nel monologo parla anche di controcultura. Come la definirebbe?

"E’ ciò che va oltre il senso comune, è il non salire sul carro dei vincitori. Significa, ad esempio, essere contro un certo immaginario impostoci dagli Stati Uniti".

Ma cos’è veramente la vera satira?

"La satira sfugge alle definizioni. Diciamo che per me fare satira è portare un punto di vista non ortodosso, con una prospettiva che generi la risata. Se il punto di vista è condiviso il rischio è la retorica. Poi c’è chi pensa di fare satira continuando con le battute su Berlusconi. C’hanno vissuto vent’anni con le battute su di lui".

Ma gente come Crozza fa satira?

"Crozza è un bravissimo caratterista, ma piace a gente che ha sessant’anni".

Ma stand-up comedian non rischia di diventare un’etichetta?

"Io mi definisco autore satirico. Scrivo di tutto: monologhi, film, documentari. Ma il mio primo amore è la comicità".

Raimondo Montesi