"Una lite per gelosia poi è caduta Ma è morta a letto, non l’ho uccisa"

Questa è la versione che il marito di Ilaria Maiorano ha confermato nell’interrogatorio ieri in carcere. Il giudice si è riservato sulla convalida del fermo. La donna era nella cameretta delle figlie. Il giallo della telefonata

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di Marina Verdenelli

Ilaria Maiorano sarebbe stata trovata morta nel letto della cameretta delle figlie, dove sarebbe andata a dormire dopo il litigio con il marito e la caduta dalle scale, "accidentale" secondo Tarik El Ghaddassi, l’uomo con cui era sposata e che rimane l’unico indiziato per la sua morte con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Il coniuge, di origine marocchina, 42 anni, ieri ha ribadito questa versione durante l’udienza di convalida che si è tenuta al carcere di Montacuto, davanti alla gip Sonia Piermartini e al suo avvocato Domenico Biasco. L’indagato ha pianto per tutto il tempo ma non si è sottratto alle domande della giudice e ha ripetuto quanto aveva in parte già detto martedì, interrogato dal pubblico ministero Daniele Paci, dopo il ritrovamento del cadavere della moglie, avvenuto al mattino, nell’abitazione di via Montefanese, a Padiglione, dove la coppia viveva con due bambine piccole.

Il litigio, scoppiato per motivi di gelosia, sarebbe avvenuto dopo l’una di notte, stando alle dichiarazioni del marito, "le bambine erano nella loro cameretta" ha detto l’indagato alla giudice, non avrebbero quindi assistito alla discussione. Negate le percosse sulla donna contro la quale avrebbe dato "solo qualche schiaffo". Sulla caduta dalle scale la versione fornita da Tarik è stata questa: Ilaria avrebbe trattenuto il marito che dopo il litigio voleva andarsene di casa e lui per scrollarsela di dosso l’avrebbe spinta e la donna è finita giù dalle scale. Si sarebbe però rialzata e "mi ha detto che stava bene" ha ribadito alla giudice Tarik che dopo l’incidente si sarebbe chiuso in camera da letto senza far entrare la moglie che gli bussava alla porta e voleva parlarci. "Vediamo domani, oggi è meglio di no" avrebbe detto il marito ad Ilaria che allora è andata a dormire nella cameretta delle figlie, in un letto matrimoniale, dove c’erano le bambine. Alle 4 Tarik si sarebbe alzato e sarebbe andato a vedere la moglie. Lei le avrebbe ribadito che stava bene. Poi si è fatto giorno e lui è andato al lavoro. Arrivato davanti ad un bar, che si trova vicino all’asilo dove va la figlia più piccola, ha aspettato il suo datore di lavoro e ha visto che la moglie non aveva portato la bambina all’asilo. Tarik, sempre durante l’udienza di convalida, ha riferito di aver telefonato allo zio, l’imam di Osimo, chiedendo a lui di andare a vedere le figlie a casa. Ma a casa è andata poi la cugina del marocchino, la figlia dell’imam. Tarik era a casa, hanno visto la moglie in cameretta, morta. Le bambine sarebbero state al piano di sotto.

La gip ha chiesto conto anche della telefonata che Tarik avrebbe fatto martedì mattina alla mamma di Ilaria per dirle che la figlia non stava tanto bene. Erano le 9.30, lui era a casa e, stando alla versione data durante l’interrogatorio avrebbe già dovuto sapere che la moglie era morta. Quella chiamata però il marocchino ha detto di non ricordarla.

A far scattare il fermo della Procura sono stati i gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di fuga. Sembra infatti che all’arrivo dei carabinieri Tarik avrebbe detto loro "arrestatemi, ho ucciso mia moglie" riporterebbe un verbale di pg e che in camera da letto avesse un borsone pieno di indumenti, come di chi volesse andare via. Per la difesa però era la borsa che il suo assistito aveva fatto pensando che, avendo precedenti penali, lo avrebbero portato in carcere a prescindere dai fatti. La giudice si è riservata sulla convalida del fermo e sulla misura cautelare (se confermare il carcere, dare una misura detentiva più lieve o rimettere in libertà il marocchino) e fino a ieri sera non ha sciolto la decisione.