Il cricket trova casa grazie al rugby, una storia di sport e integrazione

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Il cricket. Perché no? Applausi al Rugby Jesi 70 che apre le porte dell’impianto di via Mazzangrugno ai praticanti (bengalesi) della disciplina cara agli avi di sir Arthur Conan Doyle, confermandosi società in prima linea nel campo del sociale e dell’integrazione tra culture. Non solo sotto l’aspetto sportivo. Da anni la Vallesina, Jesi in particolare, accoglie una consistente comunità di cittadini nativi del Bangladesh, pacifica e laboriosa comunità seconda, statistiche alla mano, solo a quella rumena, da tempo superiore alle mille unità. Dal paese del sud est asiatico, oltre alla laboriosità della gente, da anni irrinunciabile forza trainante di tante importanti aziende della zona, i bengalesi hanno portato antichi riti e tradizioni. E naturalmente lo sport. Quello nazionale, assurto a (unico?) sport più praticato ai tempi del dominio inglese e da sempre presente su larghissima scale in India, Pakistan e appunto, il Bangladesh, non poteva che essere il cricket. Due squadre da undici giocatori - tra le pochissime attinenze con il calcio, altra disciplina di cui gli inglesi rivendicano da sempre la paternità - su un campo di dimensioni maggiori rispetto a quello del calcio, a turno due giocatori della squadra A in battuta affrontano undici giocatori della squadra B al lancio per provare a segnare più punti senza farsi eliminare. Vince, come in tutti gli sport, chi fa più punti. Un esempio di apertura e disponibilità che il presidente del Rugby Jesi 70 Luca Faccenda sintetizza senza enfasi: "Il nostro impianto è della città ed è aperto alla città in tutte le sue espressioni". Ibrahim Kahlil, 27 anni rappresentante e componente il Cricket Jesi sport ringrazia e presenta la squadra. "Siamo un gruppo di giovani, un paio più adulti che lavorano e studiano a Jesi, siamo tutti originari del Bangladesh alcuni di noi sono nati qui, alcuni si sono diplomati nelle scuole di Jesi. Ci sono altri nostri connazionali che vivono nei dintorni, a Falconara, Castelplanio che si stanno dando da fare per trovare strutture che possano permettere a tutti di fare attività sportiva. Ringraziamo Youssef Wahabi (responsabile del centro islamico Al-Huda, ndr) che ci ha fatto conoscere il presidente Faccenda, ringraziamo di vero cuore il rugby Jesi 70 per una disponibilità che per noi rappresenta un irrinunciabile momento della nostra vita".

Gianni Angelucci