
Ludopatia, foto d'archivio
Ascoli, 6 marzo 2019 - Una vita spezzata dal gioco d’azzardo e la voglia di rinascere e di riscattarsi. È questa la storia di D.C., il 48enne che nel giro di 5 anni ha buttato in fumo più di 100mila euro, rischiando di perdere anche la sua casa, oltre agli affetti più cari. Aveva completamente perso la testa, quando all’improvviso si è reso conto di aver imboccato una strada senza uscita. L’unica soluzione era tornare indietro, passo dopo passo, partendo la primo, quello necessario a fare dietrofront: ammettere di avere di un problema patologico e accettare di farsi aiutare. D.C. adesso sta lottando e ha voglia di parlare, puntando il dito contro un sistema che continua a lucrare sulle spalle di chi soffre. Dopo aver letto il nostro articolo sull’incubo gioco d’azzardo infatti, ha deciso di raccontarci la sua storia.
Quando è iniziato il suo incubo?
«Ho cominciato a giocare dopo aver perso il lavoro, 5 anni fa. Mi sentivo disperato. All’inizio non ci si rende conto. Fai una vincita di 500 euro e sei felice, e allora giochi ancora, e il gioco ti prende sempre di più. A un certo punto, mi sono reso conto che era la rabbia a dominarmi».
Verso chi?
«Verso le istituzioni, verso la vita. Ero disoccupato, mi sentivo inutile, dovevo trovare una valvola di sfogo».
Poi cosa è successo?
«Mi sono giocato soldi, vita, dignità, tutto! Sono arrivato anche a tentare il suicidio. Ho cominciato a soffrire di ansia, depressione, insonnia. Insomma, a un certo punto ho perso il controllo, ed era ovvio che succedesse. Il gioco è peggio della droga. Quella devi andartela a cercare, le sale slot sono dappertutto e sono anche legali».
Quale potrebbe essere la soluzione?
«Credo che il problema sia amministrativo, nel senso che le regole esistono, ma non vengono rispettate. Ci sono delle ordinanze che vietano di aprire le sale slot dopo una certa ora. In campo nazionale e regionale sono partiti dei provvedimenti che prevedono di rispettare una certa distanza dalle scuole e dalle banche, ma tutto questo, nella realtà, non esiste. Le sale slot sono ovunque. Non ci sono controlli, neppure per quanto riguarda i minorenni. Ce ne sono tanti che giocano, ma nessuno verifica. Dietro c’è un giro di soldi incredibile, ed è assurdo che si lucri sulla sofferenza del prossimo».
Lei come è riuscito ad uscire dal baratro?
«Ad un certo punto mi sono reso conto di non avere più niente. Sono andato a chiedere dei prestiti anche agli usurai e agli zingari e a quel punto è scattato qualcosa. Ad aprirmi gli occhi è stata una scena che mi sono trovato davanti. Un uomo aveva appena ritirato 2.000 euro di stipendio, e li ha giocati tutti in meno di un’ora, poi è venuto a chiedermi 5 euro per un panino. Io glieli ho dati, perché lo capivo, mi rispecchiavo in lui».
A chi si è rivolto per ricevere aiuto?
«All’Ama Aquilone, una cooperativa che offre supporto terapeutico in questo campo. Mi stanno aiutando tantissimo e non gioco più da 6 mesi. Seguo un percorso di riabilitazione con assistenza psicologica e anche lavorativa. Ma sono ancora arrabbiato».
Per cosa?
«Perché nessuno si sta attivando per risolvere il problema. E’ una piaga che non finisce mai. Ci sono persone legate alla politica che hanno interessi economici legati al gioco d’azzardo. Oltre a questo, gli assistenti sociali dell’Asur sono totalmente assenti, non hanno interesse verso la persona. Ci si sente sempre più abbandonati. Io sto ancora pagando le conseguenze di tutto questo, la mia vita è spezzata, ma voglio rinascere e riprendermi il futuro, anche per i miei figli».

