FRANCESCO ZUPPIROLI
Cronaca

Dietro la banda della Uno Bianca, il poliziotto che incastrò i Savi: "Se ci sono indizi, giusto scavare"

La procura di Bologna è alla ricerca di complici e mandanti. L’ex sovrintendente capo Pietro Costanza "Dalle indagini di allora non risultarono altri coinvolgimenti. Una brutta storia, ma per me il caso è chiuso"

Bologna, 7 gennaio 2024 – Ventiquattro morti. Centotré crimini. Tre fratelli. Sono numeri terribili. Gelidi come il brivido che lasciano scorrere lungo la schiena ogni volta che rispunta fuori il nome dei fratelli Savi. Della banda della Uno Bianca. Quella che dal 1987 al 1994 terrorizzò lungo la dorsale autostradale dell’A14 da Bologna a Pesaro, dall’Emilia-Romagna alle Marche.

Parla Costanza, il poliziotto di Rimini che individuò i fratelli killer
Parla Costanza, il poliziotto di Rimini che individuò i fratelli killer

Un viaggio di anni e di orrori della storia italiana, dietro a cui ancora si va cercando un’ombra: quella di un burattinaio o di burattinai che avrebbero potuto tirare e muovere i fili d’ombra dietro le gesta criminali dei famigerati fratelli. Questo è quanto va cercando la procura di Bologna con le nuove acquisizioni documentali ed escussione di testimoni per dare risposte ai quesiti che ancora gravitano attorno alla brutta storia della Uno Bianca e che potrebbero non aver avuto risposta.

“Ma per me quel caso è chiuso". Non lascia fessure a nuove ipotesi Pietro Costanza, l’ex sovrintendente capo della questura di Rimini che insieme al collega Luciano Baglioni trent’anni fa mise fine alla scia di sangue sparsa dai Savi. "Quel che dovevamo dire lo abbiamo detto e per noi su quella questione non c’è più nulla. Da come indagammo noi all’epoca non risultavano emergere coinvolgimenti di terzi per i fatti della Uno Bianca. Ma se da Bologna ritengono di aver trovato nuovi elementi li tirino pure fuori".

Costanza, che nel ’94 col collega Baglioni svoltò le indagini grazie a un minuzioso lavoro di indagini fatto di appostamenti, ricerche e controlli incrociati, considera: "Sono passati trent’anni, non so che filone d’inchiesta stiano seguendo da Bologna, ma mi sembra strano che dopo tanto tempo siano emersi elementi così rilevanti da poter cambiare quanto apprendemmo allora. Tuttavia – così Costanza – se la Procura ritiene di avere in mano documenti e novità rilevanti è giusto che continuino su questa strada".

Una strada ancora tutta da percorrere e che vuole scavare seguendo le tracce di una presunta pista eversiva, per raggiungere possibili componenti della banda mai scoperti prima. Un lavoro che mira a ricostruire un mosaico di sangue che per lo stesso ex sovrintendente Costanza è difficile da ricordare. "Non ho piacere nel rivangare quella vicenda. Troppi morti, cerco di cancellare molti di quei momenti. È sempre difficile accettare che fossero colleghi poliziotti".

Difficile accettare anche che tutto quel sangue sia stato frutto di una follia criminale indipendente, così come lo stesso Fabio Savi sostenne, giurando che: "Dietro la Uno Bianca c’è soltanto la targa...".

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