
Quella violazione non fu provata, così pure l’accertamento della Polizia locale nell’immediatezza. Siamo in pieno primo lockdown dovuto al Covid e gli spostamenti sono consentiti solo se urgenti: esigenze lavorative o di salute. Insomma nulla, secondo gli accertatori, che avesse a che fare con il ’viaggio’ di una bolognese di 34 anni fermata il 22 aprile 2020 in via del Florio a Ozzano, a poca distanza dalla sua residenza di San Lazzaro. Motivo? Era uscita per una consegna e il luogo più vicino era al di là del confine, dunque già a Ozzano. Alle 17.30 però ecco la Polizia locale, paletta e certificazione. "Ma in quell’occasione – spiega l’avvocato Sebastiano Scardovi – non le venne fatto nessun verbale". La donna così saluta e ritorna a casa. La sorpresa le arriva alcuni mesi più tardi dalla Prefettura con il verbale della polizia allegato: 533,33 euro per la violazione del Dpcm del 22 marzo 2020 perché "lo spostamento – scriveranno gli agenti – personale al di fuori del proprio comune non è comprovato da esigenze lavorative o da situazioni di necessità o motivi di salute". C’è di più. Gli stessi aggiungono anche che la violazione non fu "contestata nell’immediatezza in quanto necessarie ulteriori indagini e verifiche d’ufficio". Quali? Se lo è chiesto il legale della donna nell’impugnazione della sanzione che ha presentato il 17 febbraio 2021 al giudice di pace. Chiedendone l’annullamento. Primo, per "assoluta mancanza di motivazione dell’atto". Secondo, per "mancata contestazione immediata" e "mancata motivazione dell’atto prefettizio". Il 20 ottobre la decisione del giudice che ha accolto in toto i motivi del ricorso sostenendo che "nessuna circostanza è stata provata, nè emerge quale sia stato l’accertamento effettuato". Condannando la Prefettura a pagare 200 euro di spese di giudizio.
Nicola Bianchi