Figli dei sanitari a scuola a Bologna: "Noi andiamo avanti"

Nessun dietrofront dalla preside dell’Ic 19 Facilla: "Solo così garantiremo l’inclusione degli alunni disabili o con bisogni speciali"

Una lezione in didattica a distanza, con la professoressa nell’aula vuota

Una lezione in didattica a distanza, con la professoressa nell’aula vuota

Bologna, 8 marzo 2021 - "Per garantire il diritto all’inclusione degli alunni disabili o con bisogni educativi speciali, come specificato nel Dpcm di marzo e nel Piano scuola, io vado avanti". Con piccoli gruppi di tre, massimo quattro bambini dove lo studente figlio di sanitari impegnati nella lotta alla pandemia sarà accanto al compagno più fragile. Non fa un passo indietro la preside dell’Istituto comprensivo 19, Giovanna Facilla che, già dalla scorsa settimana, quando ancora si navigava a vista su quali fossero i lavori essenziali, aveva aperto le sue scuole, elementari Longhena e Cremonini Ongaro e media Lavinia Fontana, ai figli dei sanitari.

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Una quindicina le richieste arrivate dalle famiglie. Nessun dietrofront, quindi, neanche davanti alla nota chiarificatrice chiesta sabato sera dalla Regione al ministero dell’Istruzione - dove siede il suo ex assessore alla Scuola Patrizio Bianchi - e arrivata domenica nel tardo pomeriggio. Viale Trastevere, sede ministeriale a Roma, era stata tirata in ballo a causa del conflitto tra la nota dell’ormai ex capo dipartimento dell’Istruzione, Max Bruschi e l’articolo 43 del Dpcm. Articolo che autorizzava il rientro in classe, per "l’effettiva inclusione scolastica", degli alunni disabili e con Bisogni educativi speciali (Bes), oltre a coloro che svolgono attività laboratoriale. Per contro la nota di Bruschi, citata la sua nota di novembre e il Piano scuola approvato a giugno 2020, apriva le aule anche ai figli dei sanitari impegnati nella lotta al Covid e a chi svolge lavori essenziali. Proprio su questi ultimi era nata una diatriba sul chi fossero, non essendoci una definizione univoca. Dall’incontro di sabato in viale Aldo Moro, la Regione era uscita con il suo no alla nota Bruschi perché "non ha un fondamento giuridico chiaro" e il suo agganciarsi all’articolo 43 del Dpcm che, in tal senso, parlava chiaro.

Il no regionale precludeva la lezione in presenza ai figli dei sanitari. Al contempo la Regione chiedeva un chiarimento urgente al Ministero. Delucidazione arrivata a firma del capo di gabinetto Luigi Fiorentino che fa carta straccia della nota di Bruschi e conferma l’articolo 343 del Dpcm: a scuola in presenza solo disabili e Bes. Sposando così l’interpretazione della Regione. Nonostante ciò, per l’istituto comprensivo 19, nulla cambia. "Io applico l’articolo 43 dove si ribadisce ‘l’effettiva inclusione scolastica’ di alunni disabili o Bes, ma come realizzo tutto ciò se ho un solo studente disabile o Bes?", chiede Facilla. La risposta la preside l’ha trovata nel Piano Scuola che appunto spalanca i portoni ai figli dei sanitari. Accogliendo loro, "posso creare dei piccoli gruppi, di tre o quattro studenti massimo, che includono lo studente disabile o Bes".

In questo si realizza "l’effettiva inclusione scolastica" richiesta dal Dpcm. Sul fronte del Comune, oggi educatrici dei 48 nidi e maestre della 68 materne comunali, a distanza si riuniranno per definire il piano di lavoro perché, secondo prima indicazioni arrivate alla spicciolata, da martedì solo i bimbi con disabilità (come da Dpcm), se lo vorranno, potranno rientrare.

Con il chiarimento del ministero dell’Istruzione si mette fine alla ridda di interpretazione sul chi fossero i lavoratori essenziali. Da notare che dal Provveditorato al Comune, passando per gli Istituti comprensivi, tutti si erano appoggiati alla nota di Bruschi aprendo, se non altro, ai figli dei sanitari impegnati nella lotta al Covid. Gli stessi comprensivi erano pronti, da oggi, a prendere in classe questi studenti, formando piccoli gruppi. Il Comune, invece, sarebbe partito con nidi e materne da martedì. Ora, per tutti vale la regola: solo bambini disabili e con bisogni educativi speciali.

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