Gianfranco Civolani morto, Sabrina Orlandi: "Vi racconto il mio Civ"

Una vita insieme sul piccolo schermo con la trasmissione ‘Il pallone nel Sette’. La giornalista: "Odiava le banalità e aveva un cuore d’oro"

Gianfranco Civolani e Sabrina Orlandi: per vent’anni insieme in televisione

Gianfranco Civolani e Sabrina Orlandi: per vent’anni insieme in televisione

Bologna, 5 novembre 2019 - «Tutti lo ricordano come un burbero, ma il Civ aveva un cuore d’oro. L’ho capito in fretta nei nostri vent’anni di sodalizio e l’ho letto anche negli occhi delle sue storiche cestiste della Libertas, che in ospedale fino all’ultimo non lo hanno lasciato solo un minuto...». Il Civ e la Sabri: storia di un rapporto, televisivo e radiofonico, che in vent’anni da professione si era tramutato in profonda amicizia. Gianfranco Civolani, l’istrionico Civ, nel suo ultimo tratto di percorso pochi lo hanno conosciuto meglio di Sabrina Orlandi, giornalista, conduttrice e anchorwoman della trasmissione sportiva ammiraglia di E’ tv, ‘Il Pallone nel Sette’.

Sabrina, come prese corpo l’idea di lavorare insieme? «A portare Gianfranco a E’ tv fu Christian Pavani (l’attuale presidente della Fortitudo, ndr ), che allora era una sorta di produttore aggiunto della nostra televisione. Era il 2001, io dal ‘95 conducevo ‘Il Pallone nel Sette’, ci misero insieme e la coppia funzionò».

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Come fu l’impatto col ciclone Civ? «Venivo da Cesena, ero alle prime armi e lui per me era un mito. Ma non fece mai pesare questa disparità. Al contrario, mi diceva sempre: ‘Sabri non devi essere la mia spalla, noi siamo colleghi’».  

A quell’epoca il calcio in tv prevedeva la figura della valletta. «Guai pronunciare quella parola: Gianfranco inorridiva. E dire che io a 16 anni a Cesena avevo cominciato proprio facendo la valletta in tv. Ma il solo pensiero di avere una valletta lo infastidiva. Questo perché aveva un grande rispetto per le donne».  

Donne come le sue ragazze della Libertas. «Gianfranco non aveva figli, né li voleva. Ricordo che quando ero incinta di Pietro e lavoravo col pancione mi diceva sempre: ‘Sabri, ma perché fai un figlio?’. Lui respingeva l’idea che l’essere umano dovesse riprodursi. Però le ragazze dalla Libertas le ha amate come un padre. Le attaccava al muro, diceva loro di tutto: ma per troppo affetto».

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Un rapporto intenso e senza mezze vie. «L’altro giorno una di loro mi ha raccontato di quella volta in cui gli dissero: ‘Presidente, faremo anche schifo come dice lei, ma se quest’anno ci salviamo lei ci porta a New York’. Si salvarono e pagò loro 5 giorni a Manhattan».  

Un adorabile brontolone. «Ma poco avvezzo alle cose pratiche. A volte arrivava in televisione dicendo che era rimasto a piedi con la macchina perché aveva finito la benzina. Allora uno recuperava una tanica e provvedeva».  

Tra i tifosi rossoblù c’era il partito di quelli che gli rimproveravano di cambiare troppo spesso idea. «Quando parlava del Bologna smarriva un’unghia della sua imparzialità e a volte diventava eccessivo: ma questo nasceva dal suo grande amore per i colori rossoblù».  

Il suo rapporto con la morte? «Mi diceva sempre: il giorno che muoio voglio scomparire, niente funerale o celebrazioni, cremazione e via! Del resto fino a due anni fa, quando scoprì la malattia, non era mai stato da un dottore. E frequentando l’ospedale quasi si stupiva di quanta gente più giovane di lui avesse problemi di salute così seri».  

Chi è stato Gianfranco Civolani per te? «Un secondo padre no, perché non era quella l’impronta del nostro rapporto: ma il mio mentore sì. Da lui ho imparato la disinvoltura nell’affrontare le dirette e a non essere mai banale».  

Potendo condurre un’ultima trasmissione col Civ chi vorresti in in studio con voi due? «Potrei fare tanti nomi, ma dico Oddone Nordio (storica firma del ‘Resto del Carlino’, scomparso nel 2018, ndr ). Civ e ‘Dodo’ erano una coppia affiatatissima. Si telefonavano all’alba, si punzecchiavano, si volevano un gran bene». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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