CLAUDIO CUMANI
Cronaca

La parola di Lino Guanciale. Incontro sul ’percorso’

L’attore martedì chiude gli ’Aperitivi filologici’ in Cantina Bentivoglio "Non è un ’pezzo di strada’ ma un valore da recuperare in prospettiva".

La parola di Lino Guanciale. Incontro sul ’percorso’

Ma è vero che è diventato attore grazie alla nonna? Lino Guanciale se la ride: "E’ proprio così. Fino a 19 anni non pensavo certamente di fare questo mestiere. Fu la nonna a incuriosirmi sostenendo che la scuola italiana più importante era quella di, come lei lo chiamava, Gassmà. Io ero studente universitario e immaginai si trattasse dell’Accademia Silvio D’Amico. Tentai di iscrivermi e mi presero". E così tutto cominciò. In attesa di un’estate all’insegna di qualche ospitata nei festival e delle meritate vacanze al mare pugliese con la moglie e il figlio Pietro, Guanciale chiude martedì 25 alle 18,30 in Cantina Bentivoglio il ciclo ‘Spazio della parola. Aperitivi filologici’ curata dalla professoressa Francesca Florimbii. La parola da lui scelta sulla quale ragionare è ‘percorso’. Il suo intervento non sarà un reading ma una sorta di amichevole lectio.

Perché ha scelto il termine ‘percorso’? Che significato ha per lei?

"Si tratta di una parola molto utilizzata ma spesso abusata. Per me ‘percorso’ non è un breve tratto di strada ma un valore. Viviamo in un’epoca dominata dal ‘tutto e subito’ e dalla codificazione del successo nella quale conta il risultato piuttosto che il processo per ottenerlo. Ecco, in questa società basata sul risultato, bisogna recuperare il concetto di percorso come valore di prospettiva. È sul percorso che si costruisce il futuro".

Come concilia la sua attività teatrale con la vasta popolarità televisiva?

"La popolarità è una risorsa che non deve diventare un fine, è un piccolo patrimonio che mi è toccato in sorte da integrare con un percorso teatrale coerente verso nuovi pubblici e verso testi che catturano il presente. Io mi sono sempre sentito, oltre che attore, operatore culturale e quindi evviva la popolarità se serve a chiamare in platea spettatori attratti da un volto noto".

Quando la rivedremo in televisione?

"In autunno sarà programmata la terza stagione del ‘Commissario Ricciardi’ tratto dai romanzi di Maurizio De Giovanni che abbiamo già girato mentre a settembre sarò Mario Tobino in una mini-serie Rai diretta da Michele Soavi incentrata su alcuni suoi scritti come ‘Le libere donne di Magliano’. A teatro riprenderemo, a grande richiesta, al Piccolo di Milano e in giro per l’Italia il fortunato spettacolo di Claudio Longhi ‘Ho paura torero’ dal romanzo di Pedro Lemebel. Tutto è partito da questo straordinario libro che mi ha fatto conoscere mia moglie".

Si ritiene un uomo fortunato? "La fortuna aiuta chi se la cerca, anche se esistono bravissimi colleghi che non l’hanno trovata e che non hanno avuto le mie occasioni. L’unica cosa che conta è l’onestà sul lavoro".

S’arrabbia se qualcuno la definisce sex symbol?

"Non mi disturba anzi sono grato a chi mi vede in quel modo. E poi chissà se invecchiando migliorerò ancora e mi sentirò più a mio agio".