CronacaMorto facendo slackline, chi era il fotografo Mustafa Kia

Morto facendo slackline, chi era il fotografo Mustafa Kia

Il 36enne era sospeso nel vuoto nel ricordo dell'amico deceduto nello stesso luogo quattro anni fa. Di origini afgane, era sfuggito ai talebani nel 2011 e si era trasferito in città

Mustafa Kia, morto a 36 anni facendo slackline

Mustafa Kia, morto a 36 anni facendo slackline

Bologna, 3 luglio 2022 -  Un destino, tragico e comune. Quella di ieri, sui monti della Sega di Ala, in Trentino, doveva essere una commemorazione per ricordare un amico scomparso tragicamente nel 2018, Matteo Pancaldi, originario di Spilamberto, ma trapiantato a Bologna. E invece, quattro anni dopo, quelle montagne tanto amate dagli appassionati di sport estremi hanno strappato un’altra vita: quella di Mustafa Kia, fotografo e videomaker 36enne bolognese di origine afghana, che conosceva bene l’atleta equilibrista scomparso tanto tragicamente.

Ieri, Mustafa era al campeggio alla Sega di Ala con una cinquantina di altri ragazzi provenienti da tutta Europa, ma soprattutto da Bologna, per una festa in ricordo Pancaldi, che qui aveva perso la vita praticando slack-line, una camminata sul filo appesi sul vuoto, assicurati da una corda. La tragedia, quasi in fotocopia, di Mustafa è avvenuta nel tardo pomeriggio alla Valle della Morte, nei pressi dei Busoni, sul secondo dei Denti della Sega di Ala.

Un giovane pratica lo sport estremo dello slackline in Nepal (foto d’archivio)
Un giovane pratica lo sport estremo dello slackline in Nepal (foto d’archivio)

Mustafa era sospeso sulla valle, milleduecento metri sopra Borghetto di Avio, e stava facendo il ‘pendolo’, come si dice in gergo, quando qualcosa è andato storto. La sua corda forse era troppo lunga: circa settanta metri. Tanto che quando il ragazzo si è lanciato per oscillare nel vuoto è rimasto impigliato nella fune, finendo per schiantarsi sulla parete rocciosa.

Gli amici hanno subito lanciato l’allarme e in quella montagna è intervenuto il soccorso alpino. Quando il medico rianimatore ha raggiunto il 36enne, al termine di un’operazione di soccorso complicatissima, non c’era più nulla da fare. Prima dell’arrivo dell’elicottero, anche un compagno della vittima aveva provato a calarsi con la corda per raggiungerlo: anche lui è stato recuperato dal personale dell’elisoccorso. Il corpo di Mustafa, in serata, è stato trasportato alla chiesa della Pieve di Ala, in attesa del nulla osta dell’autorità giudiziaria.

Il fotografo viveva in città dal 2011, quando era dovuto scappare dal suo paese perché il suo lavoro, in particolare un documentario sulle condizioni delle donne in Afghanistan, lo aveva reso inviso ai talebani. Era arrivato in Italia, aveva chiesto asilo. Ed era approdato a Bologna, per ricominciare una nuova vita, partendo da un campo rifugiati della Croce Rossa. Qui aveva anche approfondito i suoi studi all’accademia di Belle Arti. E la sua capacità di documentare l’esistente, unita a un vissuto tanto complesso, gli aveva portato riconoscimenti e stima, in tutta la penisola. Ora di lui resta il ricordo e un dolore incolmabile in chi lo aveva conosciuto.

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