Praticamente tutta la settimana in compagnia di Luigi Comencini, a cui la Cineteca dedica il suo omaggio con quattro film in Piazza Maggiore, sempre alle 21,30. Dopo aver dedicato al regista delle ’Avventure di Pinocchio’ una delle retrospettive del Cinema Ritrovato, ora il viaggio nell’universo filmico si conclude sotto le stelle.
Si parte questa sera con ’La finestra sul luna park’ (1957), uno dei capolavori segreti del cinema italiano degli anni Cinquanta e il film più personale di Comencini nel decennio. Insuccesso di pubblico all’uscita, racconta di Aldo, operaio emigrato all’estero, che torna a casa dopo la morte della moglie e deve ricostruire il rapporto col figlio Mario, il quale in sua assenza ha trovato un sostituto in una figura opposta, Righetto, sottoproletario mite e fragile.
Si prosegue domani con ’La ragazza di Bube’ (1964), adattamento del libro di Carlo Cassola che fu uno dei bestseller dell’epoca, premio Strega 1960. La storia è quella di una ragazza proletaria, fidanzata a un ex partigiano che viene arrestato per un omicidio compiuto nei giorni convulsi dopo la Liberazione. Un ritratto di donna che la sceneggiatura di Marcello Fondato accentua con una scelta decisa: quello di raccontare la storia attraverso la voce di lei e in un lungo flashback. La regia di Comencini accentua la riflessione sul passato e si confronta col cinema di quegli anni.
Il terzo film, programmato giovedì, 7 agosto, è ’A cavallo della tigre’ (1961), che il regista stesso definisce "storia di un ottimista scritta da quattro pessimisti. I quattro pessimisti sono, oltre al sottoscritto, gli sceneggiatori Age e Scarpelli e il regista Mario Monicelli. Il film è stato prodotto nel 1961 da una cooperativa composta da quattro autori, due sceneggiatori e due registi, nata con l’intenzione di produrre dei film scritti da tutti e diretti una volta dall’uno, una volta dall’altro regista. ’A cavallo della tigre’ – ricorda –, ebbe uno strano destino: credendolo una commedia, il pubblico si sforzava di ridere nonostante tutto; i momenti drammatici e crudeli gli sembravano dissonanti".
Si chiude il ciclo venerdì con ’Voltati Eugenio’ (1980), forse il film che rende più chiaro il legame tra la visione amarissima della società italiana e lo sguardo sui bambini di Comencini. Eugenio, dieci anni, è in auto con un amico dei genitori, il balordo umorista Baffo, che dovrebbe accompagnarlo all’aeroporto. Dopo uno screzio, Baffo lo abbandona per strada e i genitori si mettono alla sua ricerca. In flashback vediamo la trascuratezza, l’abbandono in cui il bambino è stato lasciato da sempre.