Processo Amato, duello. Il perito della difesa: "Morte accidentale, il medico non è un killer"

Oculista alla sbarra per la tragica fine della moglie e della suocera. Per il medico legale di parte "farmaci assunti su base volontaria". Insorge la sorella di Isabella Linsalata: "Basta, rispetto per le vittime"

Bologna, 12 aprile 2024 – "Non ci sono elementi tali oggettivi per pensare a un omicidio. Riteniamo che i farmaci tossici siano stati assunti su base volontaria da un soggetto ’addicted’, dipendente". Come è morta Isabella Linsalata? Il medico legale della difesa, Donatella Fedeli, è tranchant: a uccidere la dottoressa di 62 anni con un cocktail letale di farmaci non è stato il marito Giampaolo Amato, oculista di 64. Si è trattato di una "morte accidentale", un attacco di cuore dovuto all’abuso della donna di Sevoflurano, un anestetico ospedaliero volatile che si assume per inalazione, e di Citalopram, l’antidepressivo che si autoprescriveva.

Processo Amato, duello. Il perito della difesa: "Morte accidentale, il medico non è un killer"
Processo Amato, duello. Il perito della difesa: "Morte accidentale, il medico non è un killer"

Subito alza gli scudi la sorella di Isabella, Anna Maria, parte civile nel processo con l’avvocato Maurizio Merlini: "Sono indignata. Ho dovuto sentire che mia sorella era dipendente da sostanze. In base a cosa lo dicono? È intollerabile: io la frequentavo moltissimo, mi sarei accorta se avesse abusato di qualcosa. Capisco il diritto di difesa, ma il rispetto delle vittime non può mancare. Sono molto ferita".

Che la battaglia sul caso del (presunto) omicidio di Linsalata e di sua madre Giulia Tateo – morte a 22 giorni di distanza nell’ottobre 2021 in circostanze molto simili – si sarebbe svolta a colpi di consulenze tecniche non è una sorpresa. In aula ecco schierati ben dieci consulenti delle parti, tra medici legali, cardiologi, tossicologi, anestesisti. I toni si alzano. "Linsalata teneva blister di Citalopram in più borse e ne assumeva in quantità ben superiori alle terapeutiche – attacca Fedeli, dalla parte di Amato con gli avvocati Lebro e Mitaritonna –. Come medico poi aveva accesso al Sevoflurano, che ha anche effetti eccitanti". Si oppone la parte civile, ma la difesa non arretra. E il Midazolam, benzodiazepina rinvenuta nelle urine? "In quantità troppo basse per provocare addormentamento. Lei avrebbe avuto oltre un minuto per difendersi dal marito che cercava di farle inalare il Sevoflurano, eppure non ci sono segni di compressione. Né di punture d’ago", è la risposta.

Per Procura e parti civili invece la causa sta nell’intossicazione da Sevoflurano, la cui concentrazione nel sangue della donna era compatibile con le altri morti provocate dal farmaco, così come l’edema nei suoi polmoni. "Indimostrabile e poco plausibile" un’asfissia meccanica (tipo strangolamento), respinta l’ipotesi di un trombo al cuore. Quest’ultima sostenuta dal cardiologo della difesa: "Esiste la ’sindrome del cuore infranto, o di Takotsubo’: un’insufficienza cardiaca che colpisce per forti dispiaceri", come la separazione dal marito.

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