Stop interventi per Covid Bologna, Faldini: "Non stanno in piedi, ma aspetteranno un anno"

Il direttore della Clinica ortopedica 1 del Rizzoli sugli effetti dei ritardi delle operazioni determinati dal blocco causato dal virus

Cesare Faldini

Cesare Faldini

Bologna, 20 gennaio 2022 - Gravi problemi alla colonna vertebrale, all’anca, alle ginocchia, ai piedi: al Rizzoli non ci va per piccole cose ma quando la situazione è veramente complicata. Questa è la sua missione, a questo sono preparati i suoi specialisti eppure ci sono tanti pazienti che non si reggono in piedi ma dovranno attendere anche dodici mesi prima di poter essere operati.

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Da quando anche al Rizzoli ci sono queste attese così lunghe? "Da quando è iniziato il Covid. Il Rizzoli esegue interventi ad alta complessità che sono programmati ma con la prima ondata pandemica, queste programmazioni, si sono fermate perché siamo andati in supporto a Maggiore e Sant’Orsola. A gennaio dello scorso anno, siamo stati fermia altri tre mesi", spiega Cesare Faldini direttore della Clinica ortopedica 1 dell’Università di Bologna presso il Rizzoli.

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Adesso cosa sta succedendo? "Ci siamo di nuovo perché le altre strutture non ricevono i traumatizzati e arrivano da noi. Quello che voglio sottolineare è che nessuno si è mai tirato indietro su nulla, lavorando in condizioni veramente difficili, soprattutto durante la prima ondata".

Può farci capire meglio? "All’inizio nessuno sapeva bene cosa aveva di fronte, non c’erano ancora i vaccini, c’era molta paura tra tutti gli operatori. Per quattro mesi moltissimi hanno visssuto in una specie di isolamento: c’è chi ha dormito in cantina, chi nelle camere degli ospiti per non andare a casa e rischiare di infettare i familiari o gli anziani genitori. E’ stato un periodo molto brutto".

E oggi? "Onestamente c’è un po’ di scoramento perché dobbiamo nuovamente occuparci di tutta la traumatologia della città: la prossima settimana dovrò organizzare 26 sale operatorie per far fronte alle emergenze di pronto soccorso. E tutta la nostra programmazione viene cancellata".

I pazienti cosa dicono? "Eh, la vivono molto male".

In attesa di un intervento ci sono anche bambini? "Sì, bimbi e persone adulte, ci sono tutti. E aspettare un intervento per un problema grave è deleterio per qualunque paziente, a prescindere dall’età. Per i più piccoli perché più aspetti e più sarai costretto a fare un intervento invasivo, per le persone in età lavorativa c’è da mettere in conto anche gli enormi costi sociali, perché queste sono persone che non possono camminare o stare in piedi o sedute, quindi devono mettersi in malattia. Per gli anziani sappiamo bene che se non risolvi in fretta il problema che hanno c’è il rischio che non ce la facciamo più a muoversi".

C’è stato qualcosa di sbagliato, nel suo modo di vedere, nel blocco della chirurgia ma anche delle visite specialistiche, molte a scopo preventivo? "Tutto si può far meglio, con il senno del poi sono tutti capaci di dare giudizi. Personalmente penso che le scelte che sono state messe in campo siano le migliori che si potessero fare nel contesto in cui ci trovavamo. Ma oggi serve una risposta diversa, di sistema: non possiamo pensare di doverci fermare per altri mesi".

Cosa si potrebbe fare? Il Maggiore e il Sant’Orsola devono avere una loro traumatologia e il Rizzoli deve tornare ad essere un ospedale con la sua antica vocazione, quella per cui è nato: curare e operare pazienti estramente complessi".  

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