
Bologna, 8 agosto 2025 – C’è sempre musica in questa stanza di una tranquilla clinica di Bologna. Le melodie e i ritmi – rock, preferibilmente – accompagnano le giornate dell’unico ospite della camera, immobile su quel letto da tre anni. Come mai questa musica? “La teniamo per lui, chissà se riesce a sentirla”.

Una camera con la parete tutta rossoblù. “Pensi che quella maglia là gliel’ha portata Sinisa Mihajlovic…” e poi ci sono quelle di Ravaglia, di Maietta, e la t-shirt personalizzata con la scritta Davide, oltre a gadget, pupazzetti, foto, lettere. Qui dentro, dove si respira dolore, ogni cosa parla del Bologna. "L’ultima Coppa Italia i tifosi l’hanno dedicata proprio a lui, che della sua squadra era innamorato", con gli omaggi lasciati in dono a questo ragazzo di 23 anni che l’11 agosto 2022 fu aggredito e pestato a Crotone per un tragico scambio di persona.
Da quel momento, Davide Ferrerio è in coma irreversibile. E da quel momento anche la vita della sua famiglia si è fermata per sempre. Non c’è un modo facile per descrivere quello che si è costretti a vivere e a vedere ogni giorno in questa stanza, mentre i genitori parlano e accarezzano un figlio che non si muove nella speranza che possa sentirli, nella speranza di un miracolo che non smettono di chiedere. "Non c’è giorno che passi senza che mi chieda il perché di questa sofferenza", le parole del fratello Alessandro.
La vita di Davide è appesa un filo. A ridurlo così è stato Nicolò Passalacqua, condannato a 12 anni e 8 mesi. Assistiti dall’avvocato Gabriele Bordoni, i familiari di Davide hanno combattuto una difficile battaglia giudiziaria e sono stati condannati anche Anna Perugino, mandante della spedizione punitiva, e il suo compagno Andrea Gaju. Ma il ‘quinto uomo’, Alessandro Curto, colui che indicò Davide ai suoi carnefici causando lo scambio di persona, è stato assolto. “Una vergogna”, ha gridato con rabbia la famiglia Ferrerio. Ma la battaglia non è finita qui perché ora tramite l’avvocato è stata presentata una nuova denuncia, stavolta puntando sull’aspetto colposo e non doloso, delle azioni di Curto.
“Sono passati tre anni da quella tragedia e la giustizia ha fatto il suo corso verso l’autore diretto del gesto e lo sta completando verso i correi – sottolinea l’avvocato Bordoni -. Resta l’orrore di aver visto strappare la vita a un ragazzo e stravolgerla ai suoi cari per una ragione demenziale e per uno scambio di persona”.
Mamma Giusy e papà Massimiliano, davanti alla clinica, raccontano a fatica, la voce rotta dalla commozione.
Il primo ricordo che vi viene in mente, oggi?
"Quel giorno, il suo ultimo giorno, eravamo al mare. Davide giocò a pallone con Alessandro. Poi disse che doveva uscire, per andare a mangiare la pizza. Non l’avesse mai fatto. Subito dopo il pestaggio, io non capivo cosa fosse successo – è Giusy a parlare -. Appena mi vide, disse: ‘Ti voglio bene mamma’. Sono state le sue ultime parole. E le porterò nel cuore per il resto della mia vita".
Uno strazio che non conosce tregua.
"No, anzi, più si va avanti e più è doloroso. Io sono un arbitro di calcio – le parole del papà - e quando vedo i ragazzi giocare cerco in loro gli atteggiamenti di Davide. Mi si stringe il cuore, perché penso alle partite che avremmo potuto vedere io e lui, a quanto avremmo esultato, insieme, allo stadio. E invece tutto questo gli è stato strappato per sempre senza una ragione".
La fotografia della vostra vita negli ultimi tre anni?
"Non ce l’abbiamo più una vita. Mancano vacanze e risate, non c’è gioia, non c’è niente. Quella notte, gli aggressori di nostro figlio ci hanno portato via ogni cosa. Veniamo in ospedale tutti i giorni. Lo guardiamo, ci parliamo, gli raccontiamo tutto delle imprese del Bologna, dei suoi amici. E ogni tanto gli diciamo: ‘Dai Davide, svegliati, torna a volare. Davide voleva vivere. Voleva vedere giocare la sua squadra del cuore. Non si sarebbe mai perso una partita".
Avete avuto giustizia?
"Gli autori di questo crimine non hanno avuto le pene che meritavano. Perché si sono arrogati il diritto di togliere la vita a un ragazzo innocente, un principe, che non ha mai fatto del male a nessuno. Lui voleva solo la pace e l’amore. Più volte ci siamo rivolti alle istituzioni (il presidente Mattarella e il ministro Nordio, ndr) perché Davide no, non ha avuto la giustizia che gli spettava".
La storia: l’aggressione in vacanza l'11 agosto 2022
Il giovane bolognese fu massacrato per un tragico scambio di persona mentre era in vacanza a Crotone nell’agosto 2022. Aveva appena 20 anni quando andò in coma irreversibile. Davide fu colpito dal 24enne Nicolò Passalacqua (giudicato in un processo a parte e condannato a luglio in Appello a 12 anni e otto mesi per tentato omicidio) che lo aveva scambiato per colui che corteggiava sotto falso nome sui social la ragazza all’epoca minorenne di cui era innamorato, Martina Perugino, la figlia di Anna. Per l’accusa, l’idea della “spedizione punitiva” ai danni del corteggiatore fu appunto della madre della ragazza.
Anna Perugino, quel 11 agosto del 2022, infatti, aveva organizzato una spedizione per scoprire chi fosse l'uomo che si nascondeva dietro un profilo social attraverso il quale faceva la corte alla figlia Martina. Così, insieme al compagno Andrej Gaju, ad alcuni suoi parenti ed a Nicolò Passalacqua, si era recata davanti al Tribunale dove aveva dato appuntamento al misterioso corteggiatore. L'uomo, che le indagini hanno rivelato essere un 34enne di Petilia Policastro, si era recato all'appuntamento ma, dopo aver incrociato il gruppo della Perugino, ha fiutato la trappola e si è defilato. Quindi, dopo aver raggiunto l'auto, aveva inviato un messaggio alla ragazza nel quale diceva di avere "una camicia bianca" per depistare ulteriormente le attenzioni.
Subito dopo quel messaggio è avvenuta la tragedia. In quel momento in via Veneto passava Davide. Il giovane bolognese, estraneo alla vicenda, stava andando a mangiare una pizza con degli amici. Indossava proprio una camicia bianca. Passalacqua lo ha visto, lo ha puntato e senza dargli il tempo di spiegare lo ha aggredito con un pugno che lo ha fatto cadere violentemente a terra. Per la vicenda era stata processata anche Martina Perugino, che nel 2022 era 17enne, per la quale il Tribunale dei Minorenni di Catanzaro aveva disposto la messa in prova per due anni.