Si chiude un altro capitolo dell’inchiesta sui soggetti esterni alla mafia nelle stragi del 1993. La Dda di Firenze ha chiesto e ottenuto l’archiviazione per Paolo Bellini, l’ex avanguardista condannato all’ergastolo, in primo e secondo grado, per la strage di Bologna.
Indagato solo per i fatti fiorentini, Paolo Bellini, secondo una prima impostazione che non avrebbe trovato conferma, avrebbe avuto il ruolo di “suggeritore“ della strategia di Cosa Nostra di attentare al patrimonio artistico dello Stato, strategia che, nel maggio del 1993 si concretizzò nell’autobomba piazzata accanto agli Uffizi, sotto l’accademia dei Georgofili: cinque morti, tra cui la piccola Caterina Nencioni di appena cinquanta giorni, e danni incalcolabili alle opere della Galleria. Durante il periodo di carcerazione in Sicilia, Bellini entrò in contatto con il boss Antonino Gioè. Diversi pentiti, tra cui Brusca, raccontano di diversi incontri nel 1992. Che riferì: "Perché il Bellini insieme a Gioè dice: se tu vai a eliminare una persona, se ne leva una e ne metti un’altra. Se tu vai a eliminare un’opera d’arte, un fatto storico, non è che lo puoi andare a ricostruire, quindi lo Stato ci sta molto attento, quindi l’interesse è molto più della persona fisica". Sarebbe germinata qui l’idea criminale? Forse questo aspetto, e non solo questo, è destinato a rimanere un mistero. Perché Gioè venne trovato morto nel carcere di Rebibbia alla fine di luglio del 1993, proprio mentre l’Italia era devastata dal tritolo.
La storia criminale di Bellini, originario di Reggio Emilia, era cominciata proprio da Firenze. Perché è qui che il 14 febbraio del 1981 i carabinieri arrestarono Roberto Da Silva, secondo i documenti che aveva in tasca un brasiliano con un casco di riccioli tipo quelli del cantante Lucio Battisti, che si trovava su un furgone carico di mobili rubati assieme a un fiorentino, Giuseppe Fabbri, che morirà ammazzato in un casolare di San Vincenzo a Torri. Qualche anno più tardi si scoprirà che Da Silva era il nome di copertura di Bellini, che quei riccioli vennero filmati dentro la stazione di Bologna il 2 agosto 1980, e che, tra i tanti omicidi confessati da Bellini (che invece per la strage si professa estraneo) c’era anche quello di San Vincenzo a Torri, avvenuto il 10 gennaio 1986. Ammazzato, disse nel 1999, per una questione di quattrini. A Firenze, la Dda ha altri fascicoli aperti sulle stragi: quelli con Dell’Utri, la ’biondina’ Belotti, o il generale Mori. O forse anche su quelli sta decidendo il giudice.
Stefano Brogioni