Trapianto di utero a Bologna: il Sant’Orsola si candida

Il professor Seracchioli: "Chiediamo alle donne in cerca di una gravidanza, di età tra i 18 e i 40 anni, di farsi avanti"

Un'ecografia. Il Sant'Orsola si candida per il trapianto dell'Utero

Un'ecografia. Il Sant'Orsola si candida per il trapianto dell'Utero

Bologna, 28 marzo 2023 – "Ci candidiamo a diventare uno dei centri italiani dove poter eseguire il trapianto di utero".

Renato Seracchioli, direttore della Ginecologia e fisiopatologia della riproduzione umana dell’Irccs Sant’Orsola, da tempo è in prima linea nel percorso delle nuove frontiere della fertilità. "Il Centro nazionale trapianti ha chiesto di partecipare a una selezione alle strutture interessate, ne sono previste tre al Nord e noi potremmo essere una di queste, al momento facciamo parte di una cinquina".

Il programma nazionale di trapianto di utero è stato autorizzato in via sperimentale dal Consiglio superiore di sanità nel 2018 ed è attivo dal 2019 nel "Centro trapianti del Policlinico di Catania. Finora sono stati realizzati con successo due interventi: il primo nell’agosto 2020 e il secondo nel gennaio 2022", si legge nel sito del ministero della Salute.

"Noi non partiamo da zero – precisa il chirurgo, ordinario di Ginecologia e ostetricia all’Alma Mater – conosciamo bene la tecnica, nata in Svezia più di dieci anni fa, poi esportata negli Stati Uniti, in India e in alcuni Paesi europei. Qui nel nostro Policlinico nel 2018 è nato con un cesareo, eseguito con la mia équipe e specialisti stranieri, il primo bimbo venuto al mondo grazie al trapianto di utero tra due gemelle omozigote realizzato da specialisti svedesi con cui noi siamo costantemente in contatto, come con il centro americano di Cleveland".

Il programma prevede prima la riuscita del trapianto dell’organo dal punto di vista funzionale e poi l’avvio del percorso di procreazione medicalmente assistita.

"Cerchiamo donne tra i 18 e i 40 anni che possano farsi avanti – chiarisce il professore – con l’obiettivo di cercare una gravidanza. La tecnica è nata per la sterilità uterina assoluta, le donne che nascono senza utero sono meno dell’1 per cento. La sindrome di Rokitansky, caratterizzata dall’assenza di utero, è una malformazione rara che si manifesta circa ogni 5mila nate: queste pazienti possono partecipare al nostro progetto, così come coloro che sono affette da patologia uterina acquisita, ossia alle quali è stato asportato l’utero dopo un parto. Il programma certamente è complesso e richiede il coinvolgimento di varie professionalità".

La fase iniziale è quella della raccolta degli ovociti. "Le donne senza utero hanno le ovaie e quindi raccogliamo e congeliamo i loro ovociti prima dell’intervento – spiega Seracchioli –. Segue poi la ricerca dell’utero, nel nostro Paese attualmente la sperimentazione prevede che le donatrici siano donne decedute tra i 18 e i 50 anni e viene esclusa la donazione da vivente".

Sotto le Due Torri sono già stati eseguiti i primi espianti da cadavere. "Nel centro di Anatomia umana dell’Università, diretto dalla professoressa Lucia Manzoli, io con la mia équipe e quella del professor Matteo Cescon (direttore della Chirurgia epatobiliare e dei trapianti, ndr) da gennaio a ora abbiamo già realizzato due espianti. Il Centro nazionale trapianti ci ha autorizzato a fare i primi tentativi che proseguiranno per un anno e mezzo. Dopo il cesareo del bimbo nato grazie al trapianto, ricevemmo diverse email da donne interessate ad avere una gravidanza. Ma allora era presto per arruolare le candidate, adesso invece, è il momento giusto".

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