NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Violenza sessuale in via Riva Reno a Bologna: chiamati a testimoniare i poliziotti

Per identificare compiutamente lo straniero, arrestato poche ore dopo il fatto

"La vittima riconobbe subito nel fermato chi aveva provato ad abusare di lei dentro un androne"

"La vittima riconobbe subito nel fermato chi aveva provato ad abusare di lei dentro un androne"

Bologna, 8 luglio 2023 – Dovranno essere ascoltati altri due poliziotti, nel processo per violenza sessuale a carico di Kenya Kamunyu Ndiye, un tanzaniano di 39 anni, accusato di aver aggredito una trentenne che stava rientrando a casa lo scorso settembre in via Riva Reno. Ieri mattina, nel corso dell’udienza, la vittima, rappresentata dall’avvocato Gino Moroni, ha ricostruito quanto avvenuto quella notte. Soffermandosi, in particolare, su come è arrivata all’identificazione dell’imputato. Sono stati ascoltati poi, come testi della Procura (il pm è Augusto Borghini), anche due poliziotti, a cui è stato chiesto, allo stesso modo, di ricostruire come si sia arrivati all’identificazione di Kamunyu Ndiye, difeso dall’avvocato Simone Mazza.

Il punto su cui si è dibattuto, infatti, è la mancanza di un’identificazione formale dell’imputato da parte della vittima, che la notte stessa della violenza aveva riconosciuto subito, dalle fotografie nel cellulare perso dall’uomo nella fuga, il trentanovenne della Tanzania. Tuttavia, quando poche ore dopo i fatti l’uomo era stato riconosciuto e bloccato da una pattuglia delle Volanti in piazza San Francesco, la ragazza non era stata convocata in Questura per un’identificazione ufficiale. E ancora, benché subito la Scientifica avesse prelevato campioni ematici dalla maglietta della vittima e tracce di pelle sotto le unghie, i reperti non erano stati poi comparati con il Dna dell’arrestato.

“Si tratta di accertamenti irripetibili – ha spiegato l’avvocato Moroni – che non potranno essere ‘recuperati’ nel corso del dibattimento. Benché la mia assistita abbia riconosciuto senza alcun dubbio nell’imputato il suo aggressore, queste circostanze rischiano di mettere a rischio l’esito del processo". Da qui la necessità di ascoltare, nella prossima udienza fissata per il prossimo 13 ottobre, i poliziotti a cui la trentenne, senza dubbio e nell’immediatezza, dichiarò di aver riconosciuto nel tanzaniano il suo aggressore. Tra l’altro l’uomo, quando venne fermato dodici ore dopo la violenza, aveva un morso al labbro: quello che gli aveva dato la vittima per sottrarsi al tentativo di lui di baciarla.

n. t.

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