
Agricoltura, Inps sconfitta. Perde causa in Cassazione
Questa volta Davide ha battuto Golia, e probabilmente alla prima vittoria ne seguiranno altre perché di questioni del genere ce ne sono molte in ballo. Davide è rappresentato dall’azienda cesenate Perugini Frutta, nata nel 1965 per iniziativa di Arvedo Perugini, che oggi ha sede a Pievesestina ed è strutturata come società per azioni consortile agricola con circa 150 soci dislocati in tutta Italia (soprattutto in Romagna, Lazio e Calabria), mentre Golia è rappresentato dall’Inps che chiedeva alla società consortile di versare i contributi previdenziali con un’aliquota contributiva più alta di circa il 15% rispetto a quella stabilita per le imprese cooperative agricole. Una richiesta tale da mettere fuori mercato le aziende agricole consortili.
La vicenda inizia una quindicina di anni fa quando l’azienda consortile Perugini Frutta di Cesena si oppone all’ingiunzione dell’Inps di pagare i contributi previdenziali ordinari anziché quelli agevolati previsti per le cooperative del settore agricolo che svolgono analoga attività.
La questione approda per la prima volta in un’aula giudiziaria nel 2015, quando i giudici del Tribunale di Forlì accolgono le richieste dell’Inps e condannano l’azienda consortile Perugini a pagare i contributi previdenziali maggiorati.
L’azienda Perugini, però, non ci sta e ricorre in appello: i giudici bolognesi si pronunciano due anni e mezzo dopo, nel novembre 2017, accogliendo le argomentazioni dell’azienda portate avanti dagli avvocati Gualtiero Roveda e Andrea Sirotti Gaudenzi di Cesena e Carlo Zoli di Bologna, riformando la sentenza di primo grado e accertando l’inquadramento della società in questione ai fini contributivi come ‘cooperativa agricola legge 240 del 1984’.
Questa volta è l’Inps a non accettare supinamente il verdetto dei giudici: in ballo non ci sono solo alcune centinaia di migliaia di euro, relative alla differenza contributiva dovuta negli anni dalla Perugini, ma anche quelle dovute da numerose altre aziende del genere per un valore complessivo di milioni di euro, per cui ricorre in Cassazione. Ma anche la Sezione Lavoro della Suprema Corte, che ha affrontato la causa a fine novembre dell’anno scorso, nella sentenza depositata pochi giorni fa accoglie la tesi dell’azienda cesenate basata, tra l’altro, sulle norme del diritto dell’Unione Europea che non fanno distinzioni fra aziende agricole cooperative e consortili, se hanno uno scopo non lucrativo e mutualistico. Una questione analoga, peraltro, era già stata affrontata dalla Cassazione nel 1999 quando affermò che le imprese cooperative e i loro consorzi che trasformano, manipolano o commercializzano prodotti agricoli o zootecnici propri o dei loro soci, sono inquadrabili, ai fini previdenziali, nel settore dell’agricoltura.
I giudici della Corte di cassazione hanno accollato all’Inps anche le spese legali.