REDAZIONE CESENA

Belle Epoque in salsa cesenate. Una ’debacle’ per la prima a teatro

Il fermento per la lirica in città nei primi del ’900 nel nuovo libro del musicologo Franco Dell’Amore

Belle Epoque in salsa cesenate. Una ’debacle’ per la prima a teatro

Cesena, primi anni del ‘900: fu come una “Belle Epoque” in salsa romagnola per il nostro Teatro Comunale. La passione per l’opera lirica teneva banco, anzi loggione. Con colpi di scena. Era febbrile, quel 2 febbraio 1911, l’attesa per la “prima assoluta” dell’opera “La Debacle” realizzata in provincia, ma in grande stile. Tutti cesenati gli autori, il musicista Alessandro Masacci, il librettista, lo scenografo Alessandro Bagioli: opera lirica in tre quadri ispirata all’omonimo romanzo allora famoso, tra chi sapeva leggere, di Emile Zola. ”La Debacle”, la disfatta. Titolo singolare per il mondo spesso scaramantico del teatro. La “prima” registrò un entusiastico successo di pubblico e di stampa. Poi, però: una cattiva sorte perseguitò quell’opera. Erano previste sette repliche, ma il Registro del Teatro ne annotò solo due: dopo il gran tam tam iniziale i giornali del tempo non ne parlarono quasi più. Era forse tirato il terremoto in quelle sere, come si sentiva raccontare anni fa dagli amanti della lirica?

Quella della “Debacle” è solo una delle tante “chicche” storiche ripescate e documentate dall’ennesima ricerca del musicologo concittadino Franco dell’Amore. Ricerca divenuta il bel volume: “Il Teatro indifeso - Opera lirica e concertistica in Cesena, 1900 -1922”, fresco di stampa. Non solo per ricordare, ma per capire e farne tesoro: è il tema conduttore del lavoro di ricerca e di incrocio delle fonti da parte dell’autore, che riporta in scena le straordinarie stagioni operistiche nel nostro Teatro durante il primo ventennio del ‘900. Fior di opere, grandi autori e cantanti prestigiosi: basterà qui citare la “Fanciulla del West” di Giacomo Puccini, nel 1912, undici repliche a Cesena con l’intervento dello stesso Puccini che volle assistere alla prima messinscena in Romagna: e con treni speciali, agevolazioni e servizi automobilistici per facilitare l’arrivo (e la ripartenza) dei tanti appassionati d’altre città, giunti sin da Firenze. Inoltre il racconto storico di Dell’Amore riguarda non solo l’opera, ma tutta la musica del tempo e il costume della città, compresi i tentativi di “cafè chantant”, il trionfo dei veglioni, le avventure musicali del contiguo Teatro Giardino, rinato come Teatro Verdi dopo un incendio. La passione per la lirica si riverberava anche nei nomi laici di battesimo dati a figlie e figli: Aida, Tosca, Carmen, Radames, Sigfrido, Werther, e vai con l’opera. Fortunatamente il nostro autore non appartiene alla folta schiera - ieri come oggi- dei “traduttor dei traduttor d’Omero”. Dell’Amore non ripropone il solito deja vu. Il tutto con una scrittura controllata e un sottotesto di civile ironia: a partire dal titolo “Il Teatro insoddisfatto” che, volendo, rilegge in controluce storica i moderni cartelloni teatrali in cui da anni “il piatto piange” nell’ambito in questione (tranne le autoproduzioni del Conservatorio Maderna). Degno di nota, infine, il ritratto di quando ll teatro, pur sempre comunale, “era scrupolosamente in mano a gente competente, non impiegatizia”: chissà se all’attuale assessore alla cultura (e predecessori) fischieranno le orecchie…

Gabriele Papi