
Federico Verdoni, trentenne di Bora, lavorava come istruttore in palestra
Cesena, 11 maggio 2021 - Federico Verdoni, il 30enne di Bora arrestato quasi un anno fa per l’omicidio della madre Luciana Torri, assassinata con diverse coltellate al torace, è stato assolto ieri dalla Corte d’Assise per incapacità di intendere e di volere. Un verdetto annunciato ieri nel primo pomeriggio dalla Corte di Forlì che ha seguito l’unanime richiesta del difensore Marco Moretto e del pubblico ministero Filippo Sant’Angelo che su questo punto hanno viaggiato su binari paralleli. Tecnicamente, si tratta di un’assoluzione per difetto di imputabilità, dovuto a un vizio totale di mente.
Come chiesto dal pm poi, il collegio presieduto dalla togata Monica Galassi, ha emesso la misura di sicurezza di 10 anni di ricovero in una Rems, le strutture riabilitative introdotte dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. La misura è prorogabile al termine del periodo, se verrà valutata la persistenza della pericolosità sociale dell’imputato. Verdoni non aveva mai manifestato segnali di violenza prima di quella tragica notte del 10 giugno 2020, anche se soffriva di disturbi psichici da tempo.
Rientrato a casa, a Bora a Mercato Saraceno, dopo una giornata passata al bar con gli amici, trovò la madre ad aspettarlo, Luciana Torri di 69 anni, arrabbiata per l’ora in cui era rincasato il figlio. Verdoni confessò di avere ucciso la madre subito dopo il fatto e lo ribadì più volte negli interrogatori davanti al gip.
"Quella sera ero steso sul divano – ha raccontato l’imputato – e mia madre mi rimproverava per il ritardo. Si lamentava per il mio modo di vivere, e non smetteva. Dopo mezz’ora mi sono alzato, le ho dato un colpo in faccia, lei è caduta a terra, ho preso un coltello e l’ho colpita all’addome più volte. Tenevo gli occhi chiusi mentre lo facevo". Una confessione scioccante a cui è seguita la detenzione in carcere a Forlì.
Subito dopo l’accaduto Verdoni scese per strada a Bora completamente nudo fino all’arrivo dei carabinieri a cui disse subito "ho fatto una sciocchezza, fate quello che dovete fare".
L’imputazione di omicidio a carico di Verdoni era aggravata dall’aver commesso il fatto nei confronti di un’ascendente, la madre, e dai futili motivi. Una pena che avrebbe comportato l’ergastolo se il ragazzo non fosse stato giudicato incapace di intendere e di volere. La diagnosi del perito fu di incapacità determinata da patologia psichica, per la precisione soffriva di un ‘disturbo psico-affettivo’.
Verdoni ha raccontato che al momento dell’omicidio avrebbe sentito una voce nella testa che gli diceva che "doveva uccidere la madre". Il perito del giudice non ha potuto escludere che il disturbo psichico possa ripresentarsi, anche se una corretta terapia allevia la possibilità che il paziente abbia episodi recidivi. La struttura in cui sarà condotto, una ‘Residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza’, assolverà a due obblighi fondamentali: il diritto di esser curato da una parte e il contrapposto dovere delle istituzioni di garantire alla sicurezza sociale.